jueves, abril 13, 2006

Santa Fe - 12/04/2006 - Ore 23.30
La giornata di oggi ha riservato non poche sorprese. Mi sveglio intorno alle otto in quel di Caracas, con il morale, non si sa bene perche', alle stelle. Colazione, siga, internet. Ho quasi finito i soldi cambiati all'aereoporto quindi mi metto in cerca di una banca, per scoprire che le banche non cambiano valuta straniera. Incontro un paio di asciugoni che mi propongono di cambiarmi il denaro ma io rifiuto deciso; presto capiro' che non e' stata una saggia decisione. Trovo finalmente la casas de cambio e i tempi per effettuare questa semplice operazione sono quelli classici: un ora. Risultato: a mezzogiorno sono finalmente pronto per andare al terminal de Oriente per prendere un bus per Santa Fe. Al terminal la coda non ha nulla di umano anche se scopro che una sua logica ce l'ha e alla fine risulta piu' ordinata del previsto. Piu' ordinata non significa piu' breve, infatti la durata totale e' stata di un ora e tre quarti. Ed e' li che scende in campo Dimitri. Dimitri e' un ragazzo greco che vive da quasi due anni a Caracas, lavorando come dj e come vignettista. Anche lui come tutti (vista la coda) i venezuelani approfitta della Semana Santa per andare a svaccarsi sulla playa e decide di unirsi a me. Molto simpatico, parla uno spagnolo stracomprensibile e si sforza di capire la strana lingua che parlo io. E' a questo punto che scopro che il cambio nero della valuta straniera e' circa il 10% piu' conveniente del cambio ufficiale...Come previsto continuo a prendere inculate. I miei progetti di essere a Santa Fe nel tardo pomeriggio sfumano quando scopriamo che il primo bus disponibile e' quello delle 15 e soprattutto quando lungo la strada incontriamo un traffico masai. Appena prima di partire vale la pena ricordare due memorabili venditori saliti sul pulman; rispettivamente vendevano crema per il viso e un prodottino ("miracoloso") per l'igiene orale; perche' qualcuno dovrebbe comprare un dentifricio a secco sul pulman resta da verificare. Il viaggio prosegue noioso soprattutto da quando cala il buio e la terrificante musica sparata a palla dagli altoparlanti diventa ancora piu' terrificante. Non poteva mancare una temperatura di 20 gradi inferiore a quella esterna. Arrivati a Puerto la Cruz in palese ritardo, cerchiamo di prendere un mezzo per Santa Fe. L'attesa non e' lunga ma il viaggio non e' dei piu' comodi. Fa un caldo del dio e siamo in 25-30 in un mezzo con 14 postia sedere. Sonore bestemmie si scagliano contro il mio zaino. Arrivati a destinazione, sono le 22, cerchiamo da dormire, molte posade sono piene ma alla fine troviamo un orribile stanza per 25000 cazzilli venezuelani alias 8-9 euri in due. Sistematici, obbligatoria la siga in spiaggia dove troviamo l'ultimo dei personaggi di oggi: un pescatore assolutamente perso di ogni droga possibile (parole sue) che pero' ci offre del pesce cotto alla brace, in pratica la mia porta per la diarrea, vi faro' sapere. Ci spiega anche come ha preparato quello strano pane che accompagna il pescado, ovvero grattando non so che frutto con una lattina di birra usata (non da lui) tutta bucherellata per far si che assomigliasse a una grattugia a cui veniva aggiunta dell'acqua immagino non proprio imbottigliata. Evviva l'igiene, evviva il pampero, evviva le siga a un euro e 20.
Hasta la victoria siempre