domingo, abril 23, 2006


Merida - 23/04/2006 Ore 11.00
Dopo la serata di venerdi, passata in un locale di nome Birosca con gli altri della scuola, mi sveglio ieri mattina intorno alle 8.30 con un principio di resaca che cerco di ignorare. Colazione, poi con Serena, questo il nome dell'italiana approdata alla mia posada, tra l'altro rivelatasi persona estremamente piacevole, ci dirigiamo verso il teleferico. Dopo una coda che mi permetto di definire infinita (circa un'ora e mezza) e dopo aver risolto un piccolo problema economico (Serena non poteva pagare con la carta di credito) che ci ha lasciato con la strabiliante somma di 450 bolivares in due (circa 20 cents) finalmente ci imbarchiamo. Si parte. Prendere il teleferico vuol dire veder scorrere sotto di se almeno 4 flore differenti e conseguentemente 4 climi nonche' 3200 metri di dislivello. Il rpimo stadio e' formato da quella che mi sento di definire una flora tropical-montana, sperando che nessun botanico legga mai queste righe. Quanche palma, una varieta' di pino mai vista, degli strani alberi a foglia larga e chiara, e alberelli dai fiori bianchi. Risultato: una selva inestricabile che non lascia intravedere un solo centimetro quadrato di suolo. Eccoci quindi alla prima stazione, il tempo di guardarsi attorno e di rendersi conto di un leggero raffrescamento dell'aria rispetto alla citta' e via che si riparte. L'inizio del secondo tratto ci regala uno splendida vista sulla citta' alla quale la foto non rende merito. La vegetazione si fa piu' rada, ci sono ancora degli alberelli ma si fanno sempre piu' bassi, attraversiamo qualche nuvola e tutto scompare intorno a noi per ricomparire qualche istante piu' tardi. Suggestivo. Ma siamo ormai arrivati alla seconda stazione. Il clima e' decisamente piu freddo, attacco il prolungo dei pantaloni e infilo la felpa. Siamo a 3200 metri. Terzo tratto: la situazione cambia notevolmente. Non si vedono piante piu' alte di un palmo e compaioni quelli che sembrano dei muschi. Attraversiamo spesse coltri di nubi e per qualche minuto siamo crircondati da un'irreale nulla. Si intravedono dei sentieri, probabilmente quelli dove si sono persi due olandesi qualche mese fa, nessuno ha mai saputo che fine hanno fatto. Non fatico a immaginare che trovarsi avvolti in una nube come quella di poco fa non sia di grande aiuto per l'orientamento. Ma ecco siamo giunti alla terza stazione, quota 4000. Il clima e' DECISAMENTE fresco ma siamo impazienti di giungere dove osano le aquile, Pico Espejo 4700 metri e fine del teleferico. Il paesaggio cambia nuovamente e nessuna pianta e' cosi' temeraria da scegliere queste rocce come suo habitat. Il paesaggio e' decisamente affascinante: nubi che si spostano rapide, scoprendo questo o quel picco di roccia. Mi viene in mente quel quadro, simbolo del romanticismo credo, in cui c'era un tipo in cima a una montagna con la bufera sotto di lui. Chi ha capito di cosa sto parlando lo stimo. Magari una foto vi aiuta. Il freddo e' decisamente intenso, circa meno due gradi. Gira la testa per l'altitudine e i pochi metri che separano la stazione da l'immancabile statua della madonna che domina il picco si rivelano davvero faticosi. Fiato corto, poco equilibrio. E' a questo punto che potete capire cosa il mio fisico sportivo ha subito oggi. 3200 metri di dislivello, 30 gradi di differenza. Al nostro ritorno siamo a pezzi. Orecchie tappate, muscoli indolenziti, mal di testa latente. Un gelato e un caffe' ci rinfrancano un poco insieme a una lunga chiaccherata. Ma e' il momento dei saluti. Serena questa notte dorme da un amico e io oggi mi trasferisco. Preso dalla nostalgia per il belpaese mi mangio una pizza accettabiloe e vado a duormi.
Hasta luego