sábado, mayo 13, 2006


Merida - 13/05/2006 - Ore 19.20 Rileggendo il post di ieri e memore dell'esperienza di oggi, mi sono accorto che altro s'ha da dire sull'argomento turismo. Il fatton odierno a cui mi riferisco e' la ressa-rissa necessaria ogni qualvolta il turista in questione deve ritirare di che vivere dal bancomat. Come gia' detto in altra occasione il massimo prelievo consentito e' di 76 euros, il che equivale ad instaurare un vero e proprio rapporto di amicizia con il "cittadino dell'ordine" che staziona di fronte alla banca vicino casa. La situazione che si incontra e' la seguente: mezzo isolato prima della tua meta, sei obbligato ad attraversare la strada perche' un inspiegabile folla affolla il marciapiede. Una volta giunto sull'altro lato, segui con lo sguardo la fila di persone, e purtroppo per te la coda termina proprio dove non riuscivi a credere fosse possibile: il maledetto cajero automatico. Fai il giro di tutte le banche del centro (6), ricontrolli il portafoglio per assicurarti che il prelievo e' davvero necessario, e pazientemente ti dirigi verso la fine della marea umana. L'attesa media e' di circa mezz'ora, che diventano 50 minuti nei fine settimana o una 15ina nelle ore centrali delle giornate lavorative. E' un attesa ricca di tensione: l'incubo di tutti i presenti e' che a un certo punto il primo della fila pronunci le fatali parole: "no hay plata". Alias "e' finito il denaro, potete bestemmiare". A chi fosse venuto in mente "ma chissa' perche' non preleva nelle ore notturne", continui nella lettura che glielo spiego subito.Ogni qualvolta il nostro turista giunge in una nuova citta', trovera' nell'hotel in cui alloggiera' un premuroso gestore che gli indichera' quali sono le zone in cui puo' mettere piede. Mi permetto di sottolineare che non ti dice quali sono le zone in cui non puoi andare, ma quelle in cui puoi. E' sicuramente piu' rapido. E in generale conviene tornare tra le mura "domestiche" tra le 20.00 (Caracas) e le 23. Merida e' una piacevole eccezione, torno a casa a piedi, da solo, alle 4 di mattina, senza paranoia alcuna. Oggetto di gran lunga piu' rubato in Venezuela, pare con grande stacco sul secondo, la macchina fotografica. Bene. La mia sensazione personale e' che gli autoctoni quasi ci godano a vivere in un paese pericoloso. In genere mi sono sentito moderatamente sicuro in ogni luogo dove sono stato. Spero di non essermela mandata. Infine i contatti con i locali: facilissimi! Non appena capiscono che sei straniero e parli un po' di spagnolo fanno a gara per parlare con te, chiederti chi sei, dove vai, da dove vieni, se ti piace Chavez, se ti piacciono le donne venezuelane o se sei stato in un qualche luogo che assicurano essere il piu' bello del mondo. Quasi tutte le informazioni scritte nel blog sono state raccolte cosi', magari non tutto nella realta' esattamente come sta scritto, ma se e' reale cio' che la gente crede sia reale, allora dovrei aver scritto mas o menos la verita'. Questa voglia di parlare con lo straniero nei locali notturni si tramuta in una voglia irrefrenabile di insegnarlgli la salsa, senza minimamente pensare possano esistere esseri umani piu' vicini al mondo vegetale piuttosto che a quello animale quando si tratta di ballare. Ma non c'e' nulla da fare, e' un prezzo che si deve pagare. I miei progressi possono essere misurati solo con l'aiuto della carta millimetrata.
Un ultimo accenno alla genuinita' e all'innocenza dei ragazzini di isla de Arapo (tutte e tre le foto) che una volta saputo che venivo dall'Italia, mi hanno chiesto se ero giunto con l'autobus.
Hasta pronto