lunes, julio 24, 2006


La Paz - 24/07/2006 - Ore 19.24
Quando vi ho detto che il cielo sopra La Paz e' davvero blu, ancora non avevo visto il blu del lago Titicaca. Cazzo quanto e' blu. E quanto e' favoloso il lago piu' alto del mondo, nel senso che sembra l'ambientazione di una favola. Sulle sue sponde vive una popolazione esclusivamente nativa, gente per la quale la suddivisione dei giorni in ore o settimane non ha alcun senso. Tutto e' silenzio e pace e cieli tersi e venti freddi. Tutto si muove al rallentatore, i 4000 metri non permettono l'esistenza della fretta. Siamo giunti a Isla del Sol (che deve il suo nome alla leggenda Inca secondo la quale sua maesta' il sole ha scelto questo piccolo fazzoletto di terra come luogo natale (e vi posso assicurare che se fossi il sole confermerei la scelta...)) percorrendo una decina di km a piedi attraversando scenari, appunto, fiabeschi, fatti di case di fango e abitati da bimbi dalla pelle bruciata e relativi genitori con la pelle ancora piu' bruciata ma coperta in gran parte da abiti multicolore e rispettive pecore, lama e maiali. Quattro o cinque km in camion, uno dei rari mezzi che solcano quella strada ci ha fatto accomodare nel cassone posteriore in compagnia di 5 donne che portavano a casa qualche decina di chili di foglie per farci chissache'. Gli ultimi due km in barca, una bimba dagli occhi troppo dolci non ci ha lasciato altra scelta che scegliere suo papa' come barcarolo. Infine l'ultima mezz'ora di camminata, quasi una scalata, con i polmoni che bruciano ma con alle spalle le cime innevate della Cordillera Real a picco sul lago e di fronte a noi il cielo lilla che accompagna il tramonto. L'isola regala visioni stupefacenti del lago, una popolazione che e' la definizione vivente di "gente amichevole", freddo, caldo, qualche spiaggia, mentre la stessa isola evita scrupolosamente di elargire asfalto, auto, ossigeno, rumore. E poi le stelle. Milioni di milioni per davvero. Unica fonte di inquinamento luminoso presente le nostre sigarette, la via lattea si rivela essere davvero una sorta di strada che mi piace pensare mi porti alle persone piu' importanti che ho e che sono cosi' lontane.

Dopo 66 giorni di convivenza, qualche migliaio di km percorsi, oltre 1000 sigarette, un paio di litigate, tante risate e una quantita' di esperienze condivise da riempire un paio di enciclopedie, domani Stefan entrera' a far parte dell'album dei ricordi. Ore 8.50 volo La Paz-Caracas, ove trovero' un amico da sempre. Mi manchera' questo rastone dall accento tedesco perennemente in un altro mondo. Grandi promesse di un altro viaggio insieme, speriamo non siano le solite banalita' che si dicono negli addii.

Dunque dopo 14265 km percorsi, tre mesi e mezzo, 272 ore tra bus, navi, camion, auto, aerei, tre paesi, troppe foto, molti momenti di down, ma tantissimi di leggerezza, una marea di cagate scritte sul presente blog, un infezione intestinale, qualche centinaio di punture di insetti vari ed eventuali, quasi tutti i climi riportati su un libro di geografia e altrettanti ambienti, 6 libri letti, una nuova lingua quasi imparata, due tentativi di furto subito e fortunatamente falliti, decine di indirizzi e mail di persone piu' o meno importanti, una quantita' di ricordi senza precedenti, qualche migliaio di domande poste a me stesso e qualche risposta data, finisce la mia esperienza piu' o meno solitaria. Forse sarebbe il caso di stendere una sorta di rapporto su cio' che ho ricevuto da questa esperienza. Ma se ho fatto bene il mio lavoro di blogger, forse, tale resoconto puo' essere letto tra le righe. Di sicuro io lo leggo.
I Diari dell'Autobus si chiudono qui. Non so bene perche' ma sento che e' meglio cosi. Entonces...
Hasta Torino

1 Comments:

At 5:59 p. m., Blogger theTraveller said...

Beh, anche voi siete riusciti a strappare una lacrimuccia piu' volte con i vostri bellissimi commenti...questi ultimi poi...

a Presto miei cari tutti

 

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