viernes, junio 30, 2006


Praia do Pipa - 30/06/2006 - Ore 19.02Finalmente la svolta. Ancora invischiato nel delirio intestino-emotivo nel quale mi trovo da qualche giorno, ieri ho deciso di camminare.
Cammina cammina e giungo a quella che sembra la fine della mia passeggiata, i soliti scogli neri mi sbarrano il passaggio, ma invece di tornare indietro, decido di camminare fino all'ultimo centimetro disponibile, tre due uno e meraviglia. Un chilometro si apre all'improvviso davanti a me, un chilometro di sabbia con alle spalle un
chilometro di scogliera rossa e verticale e davanti un chilometro di bagnasciuga che a ritmo regolare riflette la scogliera di cui sopra. Un
chilometro di pace, 4 le persone che si godono questo paradiso. Molti di piu' i delfini che a una decina di metri dalla riva giocano a chi salta piu' in alto, cerco il domatore, ma non lo trovo, davvero esiste ancora un mondo dove i delfini saltano perche' gli piace saltare.
Cammino nel mezzo dei 10 metri di bagnasciuga sorridendo e non riuscendo ad evitare di commentare ad alta voce le evoluzioni dei delfini. cazzo sono davvero vicini. Percorro circa la meta' del chilometro di sole, brezza e acqua fresca fino a giungere abbastanza distante da entrambe le coppie che dividono con me questi mille metri di liberta'.
Entro in acqua, nuoto, faccio il morto, mi lascio trasportare avanti dalle onde e indietro dalla risacca, mi alzo in piedi a contemplare la spiaggia dalla prospettiva dei delfini, che intanto si fanno sempre piu' vicini, tanto da schizzarmi con gli spruzzi che seguono i loro carpiati. Ho mai avuto mal di stomaco? Mi sono davvero sentito debole?
Stephan intanto e' partito alla volta di Salvador de Bahia, avevo davvero bisogno di una pausa, credo che sia abbastanza sorprendente che siamo riusciti a condividere 24 ore al giorno dell'ultimo mese e mezzo. Lo ritrovero' prossimamente, ma sono assolutamente convinto che parte della negativita' derivasse dalla sensazione che stavo perdendo quella liberta' che tanto bene ha fatto al mio spirito e che ancora una volta mi ha fatto capire qualcosa del mio corpo, qualcosa del mio io e chissa', qualcosa del mondo.
Hasta la libertad siempre
P.s. Vi spaccheremo il culo crucchi di merda!!!

miércoles, junio 28, 2006

Praia do Pipa - 28/06/2006 - Ore 18.35 Passare da malato reale a malato immaginario e' molto facile. E negli ultimi giorni ho riscontrato tutti i sintomi di malaria, colera, rabbia, febbre gialla, tifo, lectospirosi, salmonellosi, epatite a, b, c, peste e, sebbene in forma attenuata, tubercolosi. Dai tempi dell'ultimo post le mie condizioni di salute sono precipitate, fortunatamente in mare e ancora piu' fortunatamente ho avuto il tempo di infilarmi il giubbetto salvavita posizionato sotto il sedile, prima dell'impatto. Due giorni di incontri ravvicinati (non so di che tipo, ma uno dei piu' ravvicinati) con la tazza del cesso (scusate la foto) e di pochi contatti con il genere umano. Infastidito da tutto e da tutti ho evitato scrupolosamente qualunque essere vivente. Voglia di stare con me stesso, di godermi il mal di pancia fisico e psichico, di provare nostalgia per cio' che c'e' dall'altra parte dell'oceano, di sentirmi uno straccio e di lamentarmi. Voglia di trovare un teletrasporto che mi catapulti tra le mura della mia citta' e che mi prometta di riportarmi indietro tra qualche giorno. Ma ben presto sono arrivato alla conclusione che quest'ultima ipotesi e' poco realistica, quindi sono andato in spiaggia, da solo in una spiaggia deserta, a godermi le turbe di cui sopra e la bellezza di questo posto. La terapia combinata natura-antibiotico ha funzionato. Lo stomaco ha smesso di bruciare, i rutti sono tornati nei ranghi e la tazza del cesso non mi si presenta davanti da un po'. Mi sento debole, ma il morale sta riguadagnando posizioni il che fa presagire un rapido ritorno agli antichi splendori.
Hasta la resurecion

lunes, junio 26, 2006

Praia do Pipa - 26/06/2006 - Ore 19.43 Giro di boa.
Da un po' di giorni proprio non gira. Sono giorni di mal di stomaco pesante, di assenza di fame nonostante le 24 ore di digiuno, di gonfiore di stomaco e di rutti del tutto simili a quelli post cenone di Natale. E quindi tutto sembra andare storto, scazzi con Stephan, il paesino e' troppo commerciale, gli stranieri troppo tama, la spiaggia nulla di che, persino la splendida zuppa di gamberi tipica di questa parte del Brasile mi sembra mediocre. Ed appare un pelo di nostalgia insieme al pensiero di una serata con gli amici e una cena casalinga. Il solo pensiero contemporaneamente mi terrorizza, sono a meta' viaggio e gia' mi sento il fiato sul collo. Insomma semplice momentanea incapacita' di stare in me stesso, se fossi a casa probabilmente sentirei il desiderio di scappare lontano.
La giornata di ieri, complice un tremendo viaggio notturno su quella che piu' che una strada sembrava un ex campo minato, e' scivolata tra il letto e l'amaca, senza che la curiosita' dell'arrivo in un nuovo posto vincesse lo scazzo esistenziale-stomacale in cui mi trovavo. Oggi gia' al risveglio timidi segni di ripresa, la marmellata sul tavolo della colazione sembrava chiamarmi, cosi' come le insipide gallette integrali a fianco di questa; Stephan e' tornato da misteriose commissioni con in mano un vasetto di Nutella, dicendomi: se non mangi nemmeno questa, andiamo all'ospedale. Che buona. Poi tutto in discesa, ci spingiamo fino all'estremita' sud della baia, il posto e' suggestivo, scogliere rosso argilla, scogli nero-porpora, onde lunghe decine di metri con tanto di surfer che cercano di domarle, palme, ragazzini locali che tentano di emulare le gesta di Ronaldhino e soci. Il mal di stomaco non vuole darmela vinta ma decido di buttarci sopra una tavola da body surf e per un estenuante ora di lotta contro le onde, me ne dimentico completamente godendomi la velocita', l'acqua piacevolmente fresca e le rovinose cadute dalla cresta dell'onda. La domanda di oggi quindi e': mens sana in corpore sano o corpore sano in mens sana? Io intanto vado a mangiare.
Hasta il rutto

sábado, junio 24, 2006

Fortaleza - 24/06/2006 - Ore 10.37
Fortaleza e' disgustosa. E non ne faccio un discorso di moralita', la quale credo sia una cosa del tutto soggettiva e personale, dunque chi sono io per giudicare immorale un altra persona. Pero' anche il disgusto e' personale. Niente in contrario con il mestiere piu' vecchio del mondo, evviva la liberta' di scelta, ma il modo in cui questo e' praticato in questa brutta, enorme, caotica citta' di mare e', appunto, disgustoso. Fortaleza tira avanti grazie al sua rinomata fama di capitale del sesso. La citta' e' invasa da centiania di migliaia di euroamericani che ogni anno si concedono il lusso di comprarsi una presunta superiorita' sul resto del genere umano. E come se davvero fossero superiori, si atteggiano. La vita notturna puo' essere divisa in due zone: "una dove per scopare devi sudartela, quindi evitatela, l'altra dove hai una buona scelta di qualita' e di prezzi" per dirla con le parole di un trionfo italiano che da molte anni frequenta Fortaleza e dintorni. La seconda e' un ammasso di locali concentrati in una via lunga nemmeno cento metri affollata da uomini di mezza eta' abbastanza grassi e pelati e pelosi, che siedono solitari o in piccoli gruppi osservando attentamente la merce che scorre davanti a loro su un immaginario tapirulan, cercando di cogliere il momento piu' opportuno per fare un cenno con la loro mano piuttosto unta di pina colada e attendere che la prescelta si faccia avanti. Segue una breve chiaccherata e se il prodotto corrisponde agli standard attesi di qualita'-prezzo ecco che la serata del sudato signore inizia davvero a farsi interessante; perche' e' a questo punto che da uomo medio si trasforma in eroe, colui che tutto puo' dato che una signorina tanto giovane e avvenente ha scelto di passare la serata con lui. Ed ecco le toccatine, i bacetti, i cocktail, le carezze e le sbriciatine prima di decidere di porre fine allo spettacolo pubblico e di iniziare quello privato, salvo rendersi conto che proprio ora stanno passando a pochi metri da lui due tette piu' grosse o piu' scoperte e quindi e' forse il caso di congedare la propria compagna e ricominciare il gioco dell'imperatore e le concubine, fino al momento di essere davvero sicuri di aver scelto il meglio sulla piazza o di essere talmente ubriachi che poco importa cosa si porta a casa. Noi italiani siamo gli indiscussi leader del mercato e gli indiscussi protagonisti della colazione. Gruppi di machi latini si radunano per raccontarsi le storiche imprese della notte precedente e pianificando quelle della notte seguente. Numeri, misure, posizioni in una sorta di crescendo di risate ed applausi. E meno male che e' bassa stagione.
Ma c'e' una sottospecie dell'Uomo di Fortaleza, quella degli illusi altrimenti noti come coglioni. Sono coloro che preferiscono il possesso esclusivo all'usa e getta. La parola che usano per descrivere la loro diciottenne (se va bene) compagna e' "la mia fidanzata". Parlare con questi elementi e' a stupefacente, in quanto il limite della stupidita' umana che credevi possibile balza clamorosamente in avanti. Sono coloro che credono di aver trovato il vero amore il quale passa gran parte dell'anno a sospirare d'amore in attesa del loro ritorno. Quando tornano in questo "paradiso" elargiscono ogni qualsorta di regalo, riempiono il frigo dei suoceri e regalano sogni che mai si realizzeranno a queste giovani donne che nient'altro sognano che levarsi da questa merda; ma a casa ci sono le mogli e i figli e il lavoro; e le promesse con le quali comprano corpi e menti delle loro morene fidanzate si spengono ogni qualvolta si ritorna sul volo diretto Fortaleza-Malpensa. Nausea.
Hasta

jueves, junio 22, 2006


Belem - 22/06/2006 - Ore 09.23 Belem e' un posto strano. Si puo' rozzamente dividere in tre parti, citta' vecchia, citta' media e citta' nuova. La prima e' il luogo sgarrupato per eccellenza: muri scrostati, cavi elettrici che si perdono chissa dove, strani individui che barcollano ad ogni ora del giorno e della notte, piccoli bar dove i suddetti individui si radunano prima di iniziare a barcollare. La parte media. sede del nostro ostello, e' appunto una via di mezzo e, cosa piu' importante, sede di un immenso e disordinato mercato, dove ci si puo' recare se si e' in cerca di frutta (un 10% della quale ho idea di cosa sia), magliette del brasile, infradito, torce, radio (milioni di radio), trappole per topi, batterie, scarpe, mutande da uomo lilla, una buona selezione di porcate fritte, una buona selezione di bibite-porta-diarrea, cocchi, cannucce, giornali porno, pesce, orologi "di seconda mano", pezzi di cellulari, droga, cappelli orrendi, amache stupende e qualche altro centinaio di cose. La parte nuova e' invece un miscuglio di edifici nuovi di pacco dove la Belem bene si raduna la sera a bere una pina colada ed entrambi edifici e personaggi poco si mescolano con il clima portual-criminale del resto della citta'. Oltre le tre suddette zone c'e' poi la parte "ancora piu' nuova", un misto tra Manatthan e la zona vecchia nel senso che e' ricoperta di grattacieli sgarrupati ma abitata o frequentata da coloro che la sera si recano nel lungo fiume della citta' nuova a bere pina colada, che durante il giorno fanno l'elemosina a i barcollanti che si spingono fino a la. A me ste citta' fanno impazzire. Domani sara' playa, quindi...
Hasta la playa

martes, junio 20, 2006

Belem - 20/06/2006 - Ore 18.38
Dopo 97 ore di navigazione e 1500 km di fiume, abbiamo raggiunto il piu' grande porto delle Amazzoni, porta di ingresso o nel nostro caso di uscita dal delirio amazzonico, e accesso alle spiagge che mi sembra di non vedere da troppo tempo. Cisne Branco questo il nome di quella che e' stata la nostra casa negli ultimi quattro giorni. Non immaginatevi una nave da crociera o robe simili. Le barche che discendono il Rio sono l'unica forma di trasporto pubblico disponibile se si esclude il costoso aereo. E' il mezzo del popolo, si dorme in amaca a strettissimo contatto con quella che diviene una vera e propria comunita', si mangia seduti su lunghe panche passandosi le gamelle nelle quali, ogni giorno, a pranzo viene servito un pezzo di carne con riso e fagioli e a cena una zuppa di carne, riso e fagioli. I ritmi vengono scanditi dal suono della campana che indica il momento di "sedersi" a tavola, orari militari, 5.30, 11.30 e 18.00. Stephan ed io abbiamo assunto il ruolo di spacciatori di zuccheri, provvisti come eravamo di ogniqualsorta di porcata. Piuttosto restii ad assecondare la prima campana, venivamo svegliati dagli innumerevoli bimbi che aspettavano il loro muffin, piuttosto che il biscotto con le goccie di cioccolato. Ben poca parte di tal bendiddio e' finita nei nostri stomaci ma gran parte dei loro sorrisi e' finita nei nostri cuori. Ho capito da dove viene il detto "stare sulla stessa barca"; circondati da centinaia di persone che capivamo a malapena abbiamo instarutao con loro un rapporto unico e speciale fatto di sorrisi, gesti, scambi, e tanta fantasia. Persone stupende che mai ci hanno trattato come i ricchi occidentali che vogliono provare l' ebbrezza del viaggio in barca, quali forse siamo. Le giornate volano, difficile annoiarsi del monotono ma sempre diverso paesaggio amazzonico. Alle volte il fiume e' talmente largo che l'orizzonte risulta troppo vicino per contenerlo, altre si passa cosi vicino alla riva da poter osservare le quotidiane attivita' della gente che abita nelle isolate palafitte che di tanto in tanto si incontrano lungo il cammino. E poi all'improvviso si avvicinano alla nave canoe di bimbi usciti dal discovery channel, che alla veneranda eta' di anni 8 (otto) remano come dei forsennati, arpionano la barca e salgono a bordo per vendere gamberetti di fiume o banane o cuori di palma, per poi remare controcorrente chissa quanti chilometri. E poi i tramonti e le albe e i pomeriggi passati a guardare la luce modificare il colore di quel delirio davvero indescrivibile che segna la fine del "sistema" e l'inizio di un mondo che e' davvero ancora incaccessibile. E poi i delfini d'acqua dolce che di tanto in tanto decidono di seguire la nave prima di tornare alle loro usuali attivita'. E poi si attracca a un porto di una piccola cittadina che senza ragione apparente ha deciso di nascere sulle sponde di qusto fiume totalmente isolata da quella che normalmente viene definita "societa'", per scaricare qualche centinaio di bottiglie di liquore o qualche quintale di farina, nel mentre frotte di vendotori locali cercano di allietari gli annoiati palati dei viaggiatori con le loro indimenticabili banane fritte. Insomma una figata. Pace, tanta pace, esteriore ed interiore. Mi sento davvero bene.
Hasta la paz

viernes, junio 16, 2006

Manaus - 16/06/2006 - Ore 10.07
Manaus capitale delle Amazzoni, citta' portuale dove migliaia di persone da ogni sperduto angolo dell'Amazzonia giungono ogni anno a procurarsi beni rari e introvabili a casa loro quali farina, ami, reti, polli, machete, lana e quant'altro. Ho passato due giorni a girovagare senza meta nell enorme mercato del porto dove ogni cosa che possiate immaginare viene venduta o scambiata. Ogni odore e' presente, da quello fortissimo del pesce o del coriandolo a quello meno intenso delle tonnellate di peperoncini che riempiono le bancarelle, da quello di fritto a quello di una saporita zuppa di verdure, da quello di piscio, a quello di sapone. Uomini a torso nudo con tatuaggi davvero marinareschi affollano l'area portuale trasportando sopra le loro teste immensi sacchi di ogni cosa, prima di sfruttare il meritato riposo giocando a biliardo in uno degli innumerevoli bar dall atmosfera solforosa e contrabbandieristica, e guardando distrattamente le varie nazionali che sperano di competere con il loro amato Brasile (e in un caso guardando distrattamente un porno, ovviamente alla luce del sole...). Citta' di puttane e strip club, tradizione probabilmente nata quando un viaggio lungo il rio durava settimane e i marinai aspettavano impazientemente di giungere nella capitale per dare una botta di vita alla propria vita. Citta' tenebrosa e memore dei fasti del passato, facciate di case eleganti e bohemiene (si scrive cosi???) si alternano a brutti edicifici mirafiofi-style, donne semplicemente meravigliose passeggiano a fianco a donne uscite da un romanzo ottocentesco ambientato in un malfamato porto caraibico. E mendicanti, senzatetto, venditori ambulanti, tatuatori, pescatori, scaricatori, truffatori e spacciatori si dividono il mercato. Manaus la Parigi dei tropici, grazie al suo splendido teatro dell'Opera datato 1896 e sede di un concerto di musica classica gratuito al quale abbiamo presenziato ieri sera. Piccolo, rotondo, una ventina di metri separano l'ultima fila dal palcoscenico incorniciato da un arco di mattoni d'orati da cui partono tre livelli di balconate ondulate, con tanto di ringhiera in ferro finemente lavorato e di tanto in tanto una colonna di marmo bianco che a differenti livelli assume differenti altezze. Sedie di legno stagionato e schricchiolante, cuscini di velluto rosso, e in generale un ambiente ancora elegante, che fa intuire un passato davvero parigino. Spettatori assolutamente informali, serata gratuita, il popolo ne approffitta, ed ecco che a teatro si va in canotta e infradito, si fischia, si applaude, si urla. Relax per l'udito che da mesi non ascoltava qualcosa di melodico. Accanto a me la definizione di donna sensuale e a fianco a lei il suo orribile fidanzato.
Tra un ora ci imbarchiamo per Belem, quattro giorni sul Rio, quattro giorni sull amaca, stai a vedere che mi passa il dolore ai muscoli...
Hasta la costa

miércoles, junio 14, 2006


Manaus, Brasile - 14/06/2006 - Ore 17.06
Mi sono innamorato. Del Brasile. E d'ora in poi alla domanda "credi al colpo di fulmine?" rispondero' senza dubbio alcuno. Tutto e' cominciato semplicemente varcando la frontiera: tanto stronzi gli sbirri venezuelani quanto amichevoli quelli brasiliani. La prima bandiera e pur non sapendo bene il
perche', una gioiosa euforia mi riempie. Due ore di viaggio e siamo a Boa Vista,
come calcolato, in perfetto orario per vedere la squadra locale battere la Croazia nel suo debutto in coppa del mondo. Il cronista esplode nel piu' lungo "goooooooooooooooooooooooooooooooooooool" che abbia mai sentito e i miei vicini saltano in piedi tirando fuori petardi, trombette e grandi quantita' di fiato. Triplice fischio e decidiamo di spostarci dal terminal dove aspettavamo la coincidenza per Manaus, al centro per un paio di commissioni. Impossibile portarle a termine: tutto chiuso per il grand evento e folla oceanica per la strada. Giallo, verde, blu, non si vede altro. Clacson, urla, raeggeton, samba, trombe, non si sente altro. Odore di gente e di benzina. tutti impazziscono. A tratti sembra di stare in guerra ma il nemico non si vede, tutti si abbracciano. E- un esplosione di vitalita' che mai avevo provato in vita mia, ci inviatano a salire sulle loro jeep, sui loro carri e sui loro pick up. Ci danno da bere ci abbracciano, ci chiedono di essere fotografati. Non si riesce a parlare, il delirio e' assoluto, continuo a girare su me stesso non sapendo dove guardare, mi perdo tra quei colori e tra quelle urla, il cuore batte all'impazzata, rido, non posso fare altro. Mai una decisione tanto drastica e' stata presa con tanta leggerezza: fatto il callo alla totale ma spiazzante liberta' di cui godiamo, e' bastato uno sguardo tra me e Stephan per decidere che passeremo i mondiali in questa terra. Obiettivo andare a vedere la finale a Rio de Janeiro, sperando che la seleçao continui a far impazzire i suoi 170 milioni di tifosi. Piu' due.
Hasta la copa del mundo

lunes, junio 12, 2006


Santa Elena de Uraien - 12/06/2006 . Ore 17.34 - Italia 2 Ghana 0
Arrivare sulla luna non e' stato affatto facile. Ma andiamo con ordine.

PROLOGO - notte tra il 6 e il 7 giugnoLa nostra scalata all'ancora inimmaginabile tepui Roraima comincia con un bus notturno da
Ciudad Bolivar, direzione San Francisco. Strada di confine, strada che il governo
venezuelano poco controlla, pur controllando qualsiasi cosa passi per quella via. Noi
compresi. All'una circa, dopo 4 ore di viaggio, vengo svegliato da un militare con un fucile
enorme a tracolla che mi chiede il passaporto. Infastidito gli porgo il documento e il
fastidio cresce quando scopro che tutti i passeggeri sono gentilmente invitati a scendere
dall'autobus per permettere il controllo del proprio bagaglio. Avevo appena riorganizzato lo
zaino raggiungendo un risultato straintelligente ed ecco che mi ritrovo a svuotarlo
completamente su un bancone pieno di insetti, cosicche' il militare di turno possa rimanere
deluso dal non trovare alcunche' di strano. Un'ora di viaggio e vengo nuovamente svegliato
da un militare con un fucile enorme a tracolla. Non so dire se fossi piu' incazzato o
stupito ma vi assicuro che quando ho scoperto che tutti i passeggeri erano gentilmente
invitati a scendere dall'autobus per permettere il controllo del proprio bagaglio, vi
assicuro che ho realizzato che ero piu' incazzato che stupito. Ed ero parecchio stupito. La
storia si ripete altre due volte poi finalmente arriviamo a destinazione.

GIORNO 1
Colazione. Primi veri contatti con il gruppo. Oltre al solito noto, mi accompagnano Roman,
tedesco, il personaggio. Indescrivibile. La persona piu' strana e buffa che abbia mai
incontrato. Grandi risate. Judith, tedesca anch'ella, la donna del gruppo. Forte, sinmpatica
e colei che sa sempre cosa risponderti. Le mie battute maschiliste sono sempre state
rimandate al mittente. Felix, tedesco pure lui e fortunato ragazzo di Judith. Fotografo,
tenerone e grande viaggiatore. Josh, Estados Unidos, silenzioso ma in grado di far scassare
dalle risate ogni, dico ogniqualvolta proferisce parola. Jim, gringo tan bien, l'uomo che fa
ridere e che parla sempre. Davvero american a tratti e conscio di esserlo. Colui che ha in
mano le nostre vite si chiama Ricardo, discendente di nativi americani, sa tutto di ogni
cosa che si incontra lungo la strada. Ottimo cuoco.Si cammina per sette ore circa 14 km, con tanto di pausa pranzo, in un paesaggio nel quale
ogni gradazione di verde tiene il suo rappresentante. Non e' una camminata impegnativa e
c'e' abbastanza fiato per chiaccherare con i compagni di viaggio. Dopo pochi km la nostra
meta si mostra in tutta la sua imponenza e rimarra' davanti a noi fino alla fine, pur
giocando a nascondersi dietro alle nubi che si affannano per coprirne la sommita' con
incredibile rapidita'. Queste ultime trasformano altrettanto rapidamente l'ambiente
facendolo passare da qualcosa molto simile alla valle incantata a qualcosa vicino a una
valle transilvana. Nubi basse e veloci. In ogni modo non e' salutare guardare troppo a lungo
il dio Roraima perche' secondo gli indiani nativi potrebbe offendersi e seminare nel tuo
cervello il seme della pazzia. Per non indurci in tentazione le nubi lo occultano per
disvelarsi quando ormai siamo arrivati al fiume dove passeremo la notte. Gia' pare di
poterlo toccare.

GIORNO 2
Solamente 4 ore separano la nostra dimora dal campo base, giusto a ridosso della vertiginosa
muraglia che permette al tepui di essere riconosciuto da km di distanza. E' tutta una salita
, la vegetazione cambia rapidamente e le nubi si fanno piu' vicine e piu' minacciose.
Stephan da inizio a una gara che alla fine lo vedra' sconfitto: la gare dello sprofondare in
buchi di fango che all'apparenza sono solidi. Trionfero' 3 a 2 anche se gli va riconosciuto
il merito di aver centrato il piu' profondo (meta' coscia). Il tepui rimane nascosto per
gran parte del tempo, decide di concedersi all'improvviso, quasi minaccioso ed estremamente
vicino. Si capisce istantaneamente perche' Mr. Doyle, ispirato dalla sua vista, abbia
scritto The Lost World, a sua volta ispiratore di Jurassic Park. Sembra davvero un altro
mondo dove la natura ha facolta' di fare cio' che le aggrada. Il verde campagnolo iniziale
si trasforma man mano in verde giungla, il sentiero si fa piu' scosceso, il fango piu'
diffuso, la fatica si fa sentire, le prime avvisaglie di pioggia richiamano la nsotra
attenzione. Campo base, ottima cena, grandi risate. Si va a dormire piuttosto presto con la
colonna sonora fornita da quelle che abbiamo chiamato le rane funky, capaci di emettere un
suono simile a quello che si ascolterebbe, eternamente ripetuto, in una serata elettronica
torinese.

GIORNO 3
E' il giorno della grande ascesa, poche ore ci separano dalla conquista di questo gigante.
Piove. Roraima vuole metterci alla prova concedendo l'accesso solo a chi davvero se lo sara'
meritato. Piove. Una coppia di canadesi, unici altri turisti sulla via, decide di tornare
ibndietro. Noi andiamo avanti. Piove davvero tanto. Sono quattro ore risalendo il letto di
quello che un tempo fu un fiume e che ora e' un fiume di fanfo nel mezzo di una fangosa
giungla. Rami, sassi, fiumi, tronchi, scivoli naturali, scaloni ostacolano il cammino dando
manforte all'incessante pioggia che ci bagna i vestiti, gli zaini, le scarpe e il morale. Il
cammino si fa scivoloso, si attraversano cascate che non fanno altro che piovere sul
bagnato. La salita non da tregua e piove. Nessuno parla. Siamo sporchi bagnati ed
affaticati. Personalmente sento un senso di liberazione da tutta una serie di necessita,
quali ad esempio il cercare di stare asciutti o puliti. Mi sento piu' umano, piu' libero da
vincoli che con la nostra natura forse non centrano granche'. Ma i nostri sforzi vengono
premiati, dieci minuti prima di giungere in cima al mondo, il sole buca le nuvole e pallido
cerca di dare conforto ai nostri corpi infreddoliti e al nostro morale piuttosto logoro. Ed
eccoci in cima. Fame, stanchezza, umidita, freddo scompaiono non appena i nostri occhi
faticano a credere a loro stessi. Siamo sulla luna, il paesaggio e' nero e roccioso, a
perdita d'occhio strane formazioni ognuna diversa dall'altra. Lo strano miscuglio di nebbia
e sole conferisce al paesaggio un carattere assolutamente irreale, come irreale appare tutto
cio' che appare davanti ai nostri occhi. Le rane funky continuano il loro concerto. E' tempo
di sistemarsi per la notte e troviamo ospitalita' in una grotta che probabilmente si gioca
il primo posto nella classifica dei luoghi piu' umidi della terra. Niente tenda, solo
materassino isolante bagnato e il sacco a pelo umido. Ogni parte del corpo e ogni vestito
trisulta completamente fradicio. Cinque gradi. Da questo momento il freddo e l'umidita
diventano una costante che dopo qualche ora diventa semplicemente parte del nostro stato
d'animo, non vale nemmeno la pena lamentarsi, tutti sappiamo che la meraviglia che abbiamo
davanti ha un prezzo. Ci addormentiamo nel freddo nel quale ci sveglieremo, le ossa
assorbono l'umidita', il cuore e' colmo e lo spirito libero.

GIORNO 4
Il quarto giorno dell'era Roraimana fortunatamente per voi e' stato breve. Ha piovuto
incessantemente tutto il giorno e abbiamo avuto il coraggio di uscire dai sacchi a pelo
umidi solo per un limitato periodo di tempo. Circa 5 ore di camminata attrraverso valli
nascoste, spiagge rosa, pozze di gango rosso sangue, laghi d'acqua dorata, cascate
rossastre, il tutto immerso nell'"usuale" paesaggio lunare, in cui si deve trovare la via da
seguire saltando di roccia in roccia le quali assumono di volta in volta la forma di
serpente, di naso, di donna, di ragno, di delfino, di fungo, di pera, di piede, di cappello,
di vulcano, di stoneghe, di scopa, di passeggino, di occhio, di cavallo piu' qualche altro
centinaio che non ho visto perche' distratto da un orchidea davvero troppo gialla in mezzo a
tutto quel nero a da una rana davvero troppo nera in quella spiaggia davvero rosa.
Cioccolata calda a manetta, cena abbondante, nanna. Freddo e umidita' costanti compagne.Nota di colore: se vi capita di dover liberare il vostro intestino dalle abbondanti cene di
Ricardo, dovrete portare con voi il risultato fino al campo base, in quanto l'incontaminato
ambiente di Roraima deve rimanere tale.

GIORNO 5
Decisone drastica: dopo cinque giorni senza vedere un bagno o una dociia o un letto vero e
proprio decidiamo di percorrere i 25 km che ci separano dalla jeep in un giorno solo. E'
stato semplicemente estremo. Abbiamo attraversato tanti ambienti quanti un libro di
geografia puo' contenere, cosi come altrattanti climi. Le vesciche nei piedi procurano un
dolore lancinante, la stanchezza negli ultimi km non riesce ad aumentare perche' ha
raggiunto il suo limite. Il corpo si trasforma in una macchina, il cervello passa in
modalita' stand by e si cammina, senza sosta. nessuno parla per diverse ore, il silenzio e'
assoluto, ognuno solo con il suo dolore che a tratti non lascia respiro. Condizione mentale
irreale, paradossalmente le energie sembrano aumentare con il passare delle ore, non ricordo
nulla di cio' a cui ho pensato nelle dicverse ore di silenzio. Medaglia d'argento alla fine
per me, grande sboccata a pochi metri dall'arrivo quando il cervello si e' di colpo riacceso
e ha lasciato che il dolore ai piedi e la stanchezza tornassero a urlare con tutta la loro
forza. Mai mi sono sentito cosi' orgoglioso del mio corpo, mai cosi' vicino al genere umano.
Una prova fisica di cui corpo e mente avevano bisogno. Voto totale 110 con lode, menzione,
dignita' di stampa e bocchino accademico.
Hasta il riposo

martes, junio 06, 2006




Ciudad Bolivar - 6/6/6 - ore 13.06 Piove, senti come piove, madonna come piove... Adoro quando piove, mai capita quella fastidiosa pioggerellina senza senso che solo da fastidio a coloro che portano gli occhiali; quando piove, piove. E puoi sentire la natura che urla, che si sfoga, che percuote gli esseri umani che
tanto si impegnano per farle del male. Un'ora, non di piu', poi mamma natura, come tutte le mamme, proprio non ce la fa a mantenere il broncio. E rispunta il sole, e per farsi perdonare regala a tutti i suoi figli una luce morbidissima, dei verdi davvero verdi, e dei blu davvero blu. Grazie.
A grande richiesta potete vedere il mio compagno di viaggio Stephan, colto in un momento in cui faceva l'idiota, cosa che a ben pensarci capita piuttosto spesso. Cio' che non si vede dalla foto e' che e' alto poco piu' di me, ha 21 anni e di professione e'...nullafacente. I suoi ultimi anni li ha spesi finendo il liceo, prestando servizio civile e lavorando in un teatro come tecnico delle luci. Un giorno si e' detto: non so che fare della mia vita, vado a pensarci in Sud America. E cosi' il 12 di aprile e' atterrato a Caracas, con in mano un biglietto di ritorno per il 7 di aprile 2007. Molto simpatico, sognatore e
svarionato; un esempio su tutti: come sapete ci siamo incontrati a Puerto Colombia che pero' i Venezuelani chiamano Choroni. Ebbene nei primi giorni del suo viaggio aveva trascorso 3 giorni a Puerto Colombia, poi era partito per Merida, dove tutti gli avevano consigliato di andare a Choroni. Ed e' cosi che ritorna nel posto dove
gia' era stato, senza minimamente sospettarlo. E' un ottima persona, condivide con me l'interesse per il cinema, la fotografia e ovviamente per i viaggi. Fa scassare dal ridere sia quando parla in inglese (per quello che dice), sia quando lo sento parlare in spagnolo con il suo crucchissimo accento. Ho gia' detto che e' di Vienna? Altro punto in comune e' che condivide la calma del viaggiatore ad oltranza, stessi ritmi, zero problemi. Fuma un pacco e mezzo di siga al giorno, il che non aiuta il mio autocontrollo a riguardo. Dopo una birra a stomaco
vuoto e' andato. Frase che ripete al meno 15 volte al giorno "for some strange reason..." quando tenta di spiegarsi qualcosa. Tra poche ore parto per un trekking di sei giorni alla volta del Tepui Roraima, quindi per circa una settimana non mi sentirete svarionare ma non preoccupatevi che recuperero' al mio ritorno con post che si preannuncia kilometrico.
Hasta la montañaP.s. Una nota di colore: come si vede dalla foto sono finito sul giornale per essere stato intervistato sulla questione 666 (sei giugno duemilasei), anche se cio' che ho detto e' stato completamente capovolto di senso. Nelle foto si vede Stephan, la stupenda posada "amor patrio" qui a ciudad bolivar con me stephan e geert (il proprietario) che insieme ad altri due americans e la ragazza di geert Vivian, loro figlio Tomas hanno formato la tavoklata al cenone di ieri sera, terza foto un taxi (la scritta significa "guidatore ubriaco"...).

domingo, junio 04, 2006


Ciudad Bolivar - 04/06/2006 - Ore 16.03 Stamattina, domenica, ci siamo svegliati moderatamente presto e con la calma che da sempre si addice a questo giorno della settimana ci siamo piazzati nella sala vista cattedrale della nostra magnifica posada per colazionare. Le finestre spalancate lasciavano entrare il i canti domenicali della messa cantata insieme a un piacevole venticello; se aggiungete il fatto che la suddetta sala e' fornita di un paio di amache, capirete perche' non siamo riusciti ad uscire dall'ostello prima dell'una, un po' come a casa. Citta' dunque dopo molto tempo, quasi tre settimane di playa hanno lasciato il segno, ma anche una certa voglia di rientrare nel delirio. Il primo giorno passato qui eravamo in effetti disorientati e poco propensi all'attivita' fisica, le amache ci risucchiavano nel fancazzismo, pero' ora abbiamo ritrovato la condizione atletica per passeggiare pigramente per le viuzze coloniali di questa coloniale citta', dedicata all'eroe degli eroi, il solito Simon Bolivar el libertador. E' qui che si' e' compiuta una parte fondamentale della storia del continente sudamericano, ovvero l'incontro tra gli inglesi e l'esercito bolivariano che hanno siglato in questa citta' un patto antispanico. Tale accordo ha permesso di fatto la successiva liberazione delle 4 nazioni bolivariane, senza nulla togliere ai prodi condottieri sudamericani che gia' tanto avevano fatto prima di congiungersi con i soldati di sau maesta'.Le case sono basse e i marciapiedi alti, i muri puliti, le strade sporche, la gente moderatamente amichevole ma anche disgraziatamente povera. Ovunque regna il colore: file di case rosa, verdi, gialle, azzurre, blu, rosse, arancioni e vari mix di questi. Traffico assente, quasi non si sente il raeggeton proveniente da fuori "le mura" del centro storico, in cui ovviamente regna il delirio della vita. Il centro nevralgico della citta e' Paseo Orinoco, ovvero un lungo viale piu' o meno alberato che si affaccia sul fiume piu' lungo del Venezuela, l'Orinoco appunto. La gente si siede sulle panchine che di tanto in tanto si trovano lungo la via a bere le immancabili birre polar, a baccagliare, a fischiare ai gringos, a esibire il nuovo cellulare, ad "appartarsi" con la/il fidanzata/o, a parlare ad alta voce, a portare a passeggio cani e bambini, a vendere e consumare droga, ad ascoltare musica, o semplicemente a fissare inebetita vuoi il fiume vuoi il viavai di persone.
L'elevato livello di paranoia che regna in questa citta' mi porta a proporvi un bel pappone sociale. La violenza. Ovunque sia andato e chiunque abbia incontrato il ritornello e' sempre stato lo stesso: "cuidate mucho, aqui es muy peligroso". Credo di aver gia' detto che mi sono sempre o quasi sentito abbastanza al sicuro, e che gli autoctoni (ma quanto mi piace questa parola) sembrano godere nello spaventare il turista. Pero' i numeri sono numeri e in effetti la situazione non e' delle piu' rosee. Nella capitale si parla di 70 omicidi la settimana, numero che a me sembra assurdo (10 al giorno...), ma che piu' volte mi e' stato riportato, anche se non ho mai avuto conferme ufficiali. In ogni caso siano 70, 50 o 40, sono comunque tanti; il tedesco proprietario della posada in cui vivo attualmente, ha passato la mattinata in ospedale a trovare un amico morso da un serpente: in due ore nel reparto emergenze ha dato il benvenuto a 5 (cinque) persone che avevano un proiettile da qualche parte nel corpo; circa un mese fa 40000 persone sono scese per le vie di Caracas per protestare contro la violenza; ho perso il conto di quante volte gente assolutamente comune mi ha raccontato di un suo qualche parente, amico o conoscente ammazzato per la strada. E potrei continuare. la domanda che sorge e': perche' tanta violenza? La poverta' non puo' essere una spiegazione esaustiva in quanto quasi tutti i paesi del mondo sono estremamnete poveri e in quasi nessuno di questi la violenza dilaga. La mia teoria e' fondata sul fatto che il venezuela e' la grande porta del continente, sia in entrata, sia in uscita; conseguentemente per il suo territorio circolano gran parte delle merci che riforniscono l'america del sud, in particolare armi e droga. Il numero di tossicodipendenti e' assolutamente fuori controllo, un numero incalcolabile di persone vive sperando di procurasi un po' di crack per arrivare a fine giornata; togliete il lavoro a queste persone, mettetegli un arma in mano ed e' facile fare due piu' due. Non pretendendo che questo spieghi una delle situazioni piu' incasinate di uno dei paesi piu' incasinati di uno dei continenti piu' incasinati del mondo, finalmente vi saluto.
Hasta la victoria siempre

viernes, junio 02, 2006


Rio Caribe - 02/06/2006 - Ore 8.42 Playa Pui Puy e' un posto a parte. Sono state sufficenti poche ore per conoscere tutti gli abitanti, che in totale sono 46 e vivono tutti all'estremita' orientale della spiaggia, in un piccolo insieme di case di colori differenti ed accesi, adagiate sul fianco della collina che delimita questa meraviglia. Tra queste anche la nostra posada, dotata di una piacevole terrazza ad altezza spiaggia in cui gli unici due ospiti di quest'unica posada (Stephan ed io) consumano la colazione la mattina e un po' d'erba la sera. Tra i due estremi della giornata c'e'
la playa. E' lunga circa 1 km e larga una 50ina di metri oltre i quali una fila di palme offre i suoi servigi ai due viaggiatori (su tutti bellezza, ombra e cocchi). Persone presenti oltre ai noti, zero. La sabbia e' soffice e rosata, di tanto in tanto una conchiglia. L'acqua e' frssa e verde e colma di pesci che la Señora Luisa provvede a cucinare per le due anime affamate. Le onde sono abbastanza alte da farsi sentire dalla camera dei due, e da accompagnarli verso il meritato riposo a fine giornata. I fortunati passano gran parte della
giornata a cercare di capacitarsi di tanta eraviglia, riuscendoci solo in parte.

Questo e' lo scenario in cui ho passato gli ultimi quattro giorni e contemporaneamente lo sfondo de "La Storia del Gringo Stupido".
Protagonista il sottoscritto, da cui il titolo.Lo stupido turista si trovava a Rio Caribe, ospite di una gradevole posada, dove fa la conoscenza di altri 5 viaggiatori. Per un ingiustificato eccesso di paranoie decide di nascondere il marsupio portavalori sotto il materasso. La serata scorre piacevolmente, cosi' come scorre il rum. La mattina seguente l'idiota, il suo amico austriaco e gli altri 5 compagni per caso, decidono di dividere il costo di una barca con destinazione paradiso, altrimenti nota come Playa Medina. La giornata scorre piacevolmente cosi' come scorre il solito ma mai noioso fiume di aneddoti di viaggio. Poco prima del tramonto l'imbecille e l'austriaco decidono di proseguire la navigazione fino alla gia' nota Playa Pui Puy; ed e' a questo punto, non appena arrivati a destinazione, che il cretino si accorge di aver lasciato il marsupio a dormire tra materasso e pavimento in quel di Rio Caribe, distante 2 ore di carrito che non passera' prima della mattina seguente. All'interno del marsupio passaporto, biglietto aereo, bancomat, 700000 bolivares (quasi 300 euro), travel cheques, assicurazione. Il deficente non sa che pesci pigliare, ma per sua fortuna appare San Matias, tedesco che sta costruendo delle cabañas sulla medesima spiaggia. Spinto dalla pena, lo riporta con la sua auto a Rio Caribe dove il celebroleso ritrova i suoi averi intatti, senza
che la signora delle pulizie pagata 200 euro mensili sia stata vinta dalla tentazione di prelevare alcunche'. Il fortunato passa il viaggio di ritorno esprimendo amore per il genere umano.

Le genti di Pui Puy si sono rivelate estremamente amichevoli, cordiali e rilassate. De resto come poteva essere altrimenti visto il luogo dove vivono?Un puipuyano si sveglia intorno alle 5.30, e sorseggia il suo caffe' nella silenziosa luce dell'alba, scambiando due parole con i vicini di sempre, che con ogni probabilita' sono anche i suoi colleghi e migliori amici. Alle 6.30 tutti si stanno guadagnando da vivere, chi aiutando Matias a costruire le sue cabañas, chi portando i bimbi alla scuola, chi aiutando a scaricare il pesce dalle barche di chi da vivere se l'e' guadagnato nottetempo. La mitica Señora Luisa prepara le empanadas che i due viaggiatori venuti da lontano per interrompere la "monotonia", si gustano sulla terrazza della posada mentre la Señora Ana serve loro un ottimo caffe'. Presto o tardi arrivera'Cesar, sessantenne panciuto e chiaccherone a informarsi sulla salute dei due e sui loro programmi per la giornata; dopo aver ascoltato la risposta di tutti i giorni ("andiamo in spiaggia") ed avergli comunicato la sua approvazione, se ne andra' da dove e' venuto. Dal momento che la spiaggia e' deserta, i contatti con i locali sono limitati ai rari momenti in cui i nostri chiamano a raccolta tutte le loro forze e percorrono i 500 metri che li separano dal negozio di Luis, il quale e' fornitore ufficiale di acqua, birre, sigarette, fiammiferi. Al tramonto gringos e autoctoni si godono il fresco scambiando due parole ma per lo piu' ammirando in silenzio. Ora di cena e ora di chiaccherate davanti alla casa della señora Luisa, punto di incontro di queste persone. Ore 2.30 tutto tace e nulla si muove ad eccezzione delle instancabili onde e delle tartarughe che vengono a depositare i loro futuri eredi in questo pezzo di Venezuela.
Hasta la Tarta
P.S. Spiegazione delle foto: dall'alto in basso Playa Medina, tramonto a pui puy, Playa pui puy dalla nostra terrazza, la nostra colorata posada.