lunes, mayo 29, 2006


Rio Caribe - 29/05/2006 - Ore 15.35 Gli ultimi giorni sono stati giorni di scarso feeling con la gente di Venezuela. Man mano che procedo verso est, il paesaggio si fa piu' selvaggio, i servizi piu' scarsi, i turisti piu' assenti. veniamo guardati come degli alieni, ma non e' quello sguardo colmo di curiosita' che vedevo nei volti degli indiani, per esempio, e' piuttosto uno sguardo di scherno e di commiserazione; innumerevoli sono le volte in cui, attendendo un bus o che so io, veniamo indicati dalla ragazzina di turno che prontamente inizia a sghignazzare con il suo branco di amici. O innumerevoli sono le volte che il macho della situazione ci grida qualcosa di incomprensibile dall'interno della sua Uno turbo intammarrita fino al midollo per poi scoppiare in una sonora risata. La teoria piu' popolare tra i viaggiatori che tutti confermano questo tipo di atteggiamento e' che sia una sorta di difesa. Insieme al cattolicesimo, il denaro e' la religione principale di questo paese; piu' sei ricco e piu' vali, piu' sei ricco, piu' devi esibire. Noi viaggiatori infrangiamo questa regola, esibiamo il meno possibile, puzziamo (oggi particolarmente) e siamo sporchi. Pero' siamo ricchi e questo provoca nei giovani autoctoni sentimenti di gelosia che credo sfoghino deridendo la nostra "semplicita'". I Venezuelani in generale non sono molto amichevoli, o meglio ci sono tantissime persone davvero gentili, amichevoli, curiose e adorabili ma e' altrettanto vero che il numero delle persone odiose e' molto alto, e la naturale propensione dell'uomo a vedere solo il punto nero sul foglio bianco fa si che il sentimento generale sia di moderata antipatia. Credo di poter dividere la popolazione in due categorie: le persone con cui il turista deve avere necessariamente a che fare e tutte le altre. Il primo gruppo (cassiere alla stazione dei bus, camerieri, gestore di ristoranti, signore delle pulizie degli ostelli, gestori delle posadas, proprietari di internet cafe', conducenti di autobus, negozianti, taxisti...) in genere e' composto da pezzi di merda ovviamente con delle importanti eccezioni. La situazione in genere e' la seguente: il viaggiatore con il suo enorme zaino si presenta allo sportello informativo della stazione per chiedere da che banchina parte il suo autobus. Il/la signore/a preposto a questo oneroso compito di solito alza lo sguardo per abbassarlo qualche secondo piu' tardi, e continuare le sue parole crociate o quant'altro. Il turista spiazzato aspetta qualche secondo ("magari ci sta pensando") e riprova a formulare la domanda. A questo punto, sicuramente pensando "ma sto gringo non poteva starsene a casa sua a contare i biglietti da 100$ anziche' venire a cacare il cazzo a me", biascica un numero che quasi mai il viaggiatore capisce ma di solito si accontenta e prova a recuperare l'informazione tra il secondo gruppo di persone, le quali al contrario si rivelano sempre disponibili e quasi ansiose di aiutarlo. E' sempre molto bello rivolgersi alle persone che si incontrano in strada (e pertanto del secondo gruppo), anche se hanno un piccolo difetto: proprio non ce la fanno a dirti "no" o tantomeno "non lo so". Evitare quindi domande del tipo "sono sulla strada giusta per il terminal?" perche' la risposta sara' in ogni caso "si si, tranquillo, avanti cosi!" ed evitare di chiedere ad una sola persona la quale potrebbe inventarsi tutto di sana pianta pur di darti l'impressione di averti aiutato; stamane abbiamo fatto un esperimento in proposito: Stephan chiedeva a tutte le persone che incontrava "Il bus per Rio Caribe parte dal terminal?" (risposta corretta: NO) e io domandavo da dove partisse. Camminavamo distanti in modo da non destare sospetti. Lui ha ricevuto un 100% di risposte sbagliate ("si, certo, claro...") mentre io un bel 0 % di "non lo so" ma un 40% di risposte totalmente casuali. Siamo abbastanza sicuri della buona fede di tutti. Il secondo gruppo sono anche le persone che si siedono a fianco a te in spiaggia per chiaccherare del tuo lontano paese o per sapere se te gusta il loro, sono le persone che ti offrono il poncho andino sulle montagne di Merida, sono gli innumerevoli signori che voglioni parlare di calcio con un esperto (in quanto italiano) del settore, sono i vicini sull'autobus che ti offrono una siga all'autogrill anche se hai le tue, sono le anziane signore di Arapo che ti invitano a casa loro per un caffe' e rifiutano di essere pagate...
Hasta el poder popular (slogan ufficiale di Chavez)

domingo, mayo 28, 2006


Cumana - 28/05/2006 - Ore 15.48
Di ritorno da una notte a Isla de Arapito; amaca tra due palme, mare piatto, granchi, stelle fresco, sabbia, sigarette, zarse, un bel linro, iguana, i mille rumore della foresta alle nostre spalle, un ottimo pesce attende di essere digerito, il "silenzio". Mi guardo dall'esterno e mi rendo conto di essere nel mezzo di una definizione, quella di paradiso. Provo a leggere tale definizione con gli occhiali che porto tra cuore e cervello e in questo modo aggiungo una nota di inquietudine alla voce di questo immaginario dizionario. Un'inquietudine che mi regala un senso di pace, su queste sabbie e in questi mari sto scaricando tensioni vecchie di anni, sto imparando a pensare senza lasciarmi distrarre dalla paura di farlo, liberando la mente da tutti quei diversivi che occupano i nostri pensieri per intere giornate e che ci fanno pensare senza farlo davvero. Il primo mese di viaggio e' servito a farmi valorizzare la liberta' che ho acquistato insieme al biglietto aereo, le spiagge delle ultime settimane ad aprire dei canali che supponevo sigillati. L'onda di piena che mi ha travolto non appena li ho socchiusi e' la responsabile di entrambe, pace ed inquietudine che sulla carta sembrano inconciliabili ma sulla spiaggia si fondono con l'amaca, le palme, il mare, i granchi, le stelle, il fresco, la sabbia, le sigarette e le zarse, il libro, le iguana, i rumori della foresta, i pesci ed il "silenzio", entrando a far parte della mia nuova definizione di paradiso. Sento che e' tempo di andare a ficcarsi nel delirio della natura, di muoversi, di viaggiare con dalla mia parte un equilibrio forse precario ma davvero un equilibrio. Vado a sud, verso il rio, prendo una barca, mi piazzo su un amaca e navigo fino al peru'. Stephan probabile compagno di viaggio. Ma non prima di qualche giorno ancora di queste meravigliose spiagge.
Hasta la proxima playa

viernes, mayo 26, 2006

Santa Fe - 26/05/2006 - Ore 18.15
Ho raggiunto Stephan a Santa Fe e la giornata di ieri ha riservato momenti molto belli. Il primo all'alba, che ha coinciso con il mio arrivo; la spiaggia deserta, i pellicani che si abbuffano di pesce dapprima rasentando con millimetrica precisione il filo dell'acqua piattissima per poi tuffarvisi a capofitto rompendo il silenzio di quello scenario davvero strappalacrime. Dopo una solitaria passeggiata, mi dirigo alla posada, Stephan ancora dorme e decido di fare altrettanto, buttandomi su una delle numerose amache della terrazza. Il secondo momento che varra' la pena di ricordare e' il reincontro con Stephan, sembravamo due vecchi compagni di scuola che si incontrano dopo molto tempo e hanno un incontenibile voglia di raccontare all'altro cosa e' successo durante quel tempo. E' molto strano quanto in sintonia si riesca a entrare con un fino a dieci giorni fa estraneo, ma il solo fatto di aver scelto gli stessi luoghi per viaggiare soli e' un punto in comune di non poca importanza. La giornata scorre liscia come il mare, e in serata partecipiamo a un incontro di calcio sulla spiaggia Venezuela-Europa (4 contro 4) in cui il vecchio mondo ha schiacciato gli avversari (5-3) con tanto di tripletta dell'italiano. Ed ecco che arriva il momento conclusivo e forse piu' intenso, scattato appena dopo il triplice fischio, bagno al tramonto, acqua rossa, corpi rinfrancati, anime a meta' tra il cielo e la terra.Oggi invece abbiamo deciso di tradire il mare per la montagna e accompagnati da un improbabile guida che si fa chiamare "el gringo de la montaña" ci siamo appunto recati in montagna, disceso un fiume che si faceva spazio tra la giungla, apprezzato la nostra guida mentre si fumava diverse pipe di cocaina e evitato per qualche ora il reaggeton. Davvero molto bello. Unica nota negativa e' sapere che i nostri soldi non hanno aiutato qualcuno a mangiare bensi' a comprarsi qualcosa che sicuramente lui reputa piu' importante del cibo. E' questo il dramma di molti poveracci che cercano di arrivare a domani vendendo braccialetti di semi ai turisti, portandogli un mango mentre si rilassano dalle loro occidentali fatiche sulla spiaggia, accompagnandoli nella giungla o indirizzandoli in qualche posada in cambio di una piccola commissione. il loro dramma e' questa cieca "passione" per la cocaina che ingannevolmente economica (5 grammi 20 euro...) li trascina in un universo dove mangiare, bere, dormire, fare amicizia o essere sinceri non ha la minima importanza. Lo si capisce dalle loro parole, dai loro gesti, da quelli che sembrano i loro sogni. D'altra parte pero' ognuno non e' libero di fare cio' che vuole finche' non urta gli altri? e sicuramente queste persone hanno la coscienza e la correttezza necessaria per non far del male a nessuno gringos e annesse macchine fotografiche compresi.
Hasta la vista

miércoles, mayo 24, 2006


Maracay - 24/05/2006 - Ore 19.03
Se mi fossi allacciato la scarpa piu' velocemente o se semplicemente non fosse stata slacciata, non avrei perso l'autobus e questo post probabilmente non avrebbe avuto ragione d'esistere. Opto dunque per un taxi, dopo aver aspettato che altre tre persone si presentassero per raggiungere la mia stessa destinazione. Dunque siamo io, due ragazze di Caracas, un amico dell'autista e ovviamente l'amico dell'amico dell'autista, ovvero l'autista. Questo e' un tarro mai visto, occhiali a specchio, gel, canotta attillata con tanto di croce di legno. Anziche' raccomandare ai passeggeri di allacciare le cinture ed augurargli buon viaggio e ringraziarli per la preferenza, se ne esce con la seguente frase: "mettetevi i passaporti in bocca cosiche' vi riconoscano piu' in fretta, nel fondo del burrone". La strada che ci aspetta e' lunga circa 60 km, dei quali il 100% sono curve, che si inerpicano fino a sfiorare i 2000m per poi gettarsi in una vigorosa picchiata per tornare ad altezze quasi marine. L'amico del conducente lo stimola ad andare ancora piu' forte con frasi del tipo "cosi!!!" o "dai fratello fagli vedere all'italiano" o ancora "siamo in ritardo, siamo in ritardo", frasi alle quali colui che ha in mano le nostre vite risponde con poderose accelerate. Per avere un 'idea delle dimensioni della carregiata basti pensare che per risalire alcuni tornanti era necessario fermarsi, ingranare la retromarcia, fare manovra e finalmente ripartire. Al terzo km avevo voglia di sboccare e per il resto del viaggio ho ringraziato l'autocontrollo dimostrato di fronte all'empanadero appostatosi strategicamente a fianco al parcheggio dei taxi. I primi venti minuti di viaggio li passiamo fermandoci ogniqualvolta l'autista incontra qualcuno di sua conoscenza, ovvero praticamente ogni persona o auto sulla strada. Uno di questi gli regala persino una birra, ed e' a quel punto che ho pensato di proporgli una canna, ma poi ho lasciato perdere, visto che era troppo impegnato a rispondere ai numerosi essemmesse che lungo tutto il tragitto arrivavano al suo cellulare. Al km 30 la mia voglia di sboccare subisce una poderosa impennata, stimolata dal fatto che la mia vicina non e' riuscita a raggiugere il finestrino e ha posto fine alle sue sofferenze in parte sui miei piedi, in parte sui suoi. La nota positiva del viaggio e' che se riuscivi a non pensare alla tua potenziale morte imminente, alla tua voglia di sboccare o allo sbocco della vicina, riuscivi a goderti uno splendido panorama di verdi montagne che sembravano giocare a nascondino con il mare. Ma la poesia veniva presto interrotta dai pensieri di cui sopra o dall'incredibile bruttezza del cd colmbiano che ci ha fatto da colonna sonora.
Hasta el gran premio

martes, mayo 23, 2006

Puerto Colombia - 23/05/2006 - Ore 18.35
Un capitolo a parte del racconto del mio viaggio lo merita senza dubbio l'hostal Colonial. Maria lo gestisce e Maria e' colei che tutto puo' e che tutto fara' per compiacere i suoi ospiti. Mi chiama con l'affettuoso nome di Maiorañito e tutto cio' che le ho chiesto e' diventato realta': dello zucchero a scrocco, significato di parole, passaggi in barca, informazioni su tutto lo scibile puertocolombiano, sigarette e soprattutto tanti tantissimi sorrisi. Gli ospiti che mi hanno accompagnato durante questa settimana abbondante gia' sono noti, meno nota e' la consistenza della comunita' che abbiamo formato. Tutti si fanno in quattro per tutti, la proprieta' di sigarette, birre, pasta, caffe', accendini, rum, cocacola, erba e' assolutamente comunitaria. I piccoli problemi che ognuno ha li espone e quasi sicuramente una soluzione saltera' fuori; esempio: mi lamento del fatto che la mia lonely planet sudamericana non e' affatto specifica e che vorrei fare delle fotocopie di quella dedicata solamente al Venezuela. John e Waldemar, senza minimamente pensarci mi regalano la loro, dato che torneranno a breve in patria. Il giorno seguente la presto a una ragazza australiana, esco per andare a cena con Stephan e Guillame (France) e al nostro ritorno la guida non si trova. Chiediamo aiuto alla comunita', nessuno sa nulla. Ed ecco che arriva la seconda Lonely Planet, cordialmente donata da Tymon e compagna (per poi scoprire che quella regalatami da J&W era in stanza, quello svarionato di Stephan l'aveva recuperata, portata in camera e dimenticato il tutto nel giro di 5 minuti). Altri regali sono piovuti, tra cui erba e soluzione pulitrice per obiettivi fotografici, senza che mai nessuno chiedesse nulla. E poi le grigliate o le serate passate a raccontare di mondi lontani o di cio' che si e' visto in paese, di politica e di sport, di tutto e di niente. Il vento del nord e' soffiato per molti e quasi sono rimasto solo, ma stamane mi sono accorto che e' tempo di andare oltre; il mare incazzato nero, troppo strideva con il mio stato d'animo, raggiungero' Stephan a Santa Fe, con nel cuore la sicurezza di tornare in questa meraviglia in tempo per la Fiesta de los Diablos Danzantes, alla quale assistero' in compagnia della incredibile Maria e della sua famiglia, sperando di trovare un altra comunita'.
Hasta la pasta

lunes, mayo 22, 2006


Puerto Colombia - 22/05/2006 - Ore 17.40 Sono stato "svegliato" da Stephan che mi chiedeva da accendere, dopo un silenzio di minuti o ore, non so. Subito la nostalgia di una sigaretta, quella voglia che hai dopo aver litigato con qualcuno. Stephan mi ha involontariamente svegliato da una specie di trance in cui ero caduto, totalmente immerso in una sorta di svarione non causato da alcuna droga, posto che questo viaggio non lo stia diventando. Mi sono ritrovato a "navigare" tra vari punti fermi della mia vita, a scoprire le connessioni tra questi e a sollecitare quelli che piu' mi facevano male. Una sensazione strana, come se cercassi di farmi del male e visto che non ci riuscivo andavo oltre cercando di "aizzare" la folla di sassolini nelle mie scarpe. La conclusione a cui sono arrivato e' che togliermi tali sassi da sotto i piedi in primo luogo non e' possibile e inoltre non sarebbe nemmeno giusto; li sto levigando e continuero' a farlo finche' non avvertiro' piu' la loro presenza e saranno confinati in quel piccolo spazio che separa l'odio e l'amore trasformandosi in ricordi, esperienze, cicatrici. Mi sono ritrovato dall'altra parte del mondo che quasi non riuscivo a camminare tanti ne avevo accomulati, abituato a non andare davvero a fondo delle cose, a lasciarle scorrere non appena si infilavano in una cucitura delle scarpe, ma pronte a ritornare sotto la pianta al prossimo kilometro. Questo viaggio e' forse stata l'inconscia presa di coscienza che ovunque voglia andare necessitero' di camminare senza che le estremita' di dolgano eccessivamente. Credo di essere sulla buona strada o per lo meno ha smesso di terrorizzarmi l'idea di richiamare alla mente cio' che mi rattrista, in modo da poterlo affrontare in campo aperto avendo dalla mia parte le palme, la sabbia, le onde. Quelli tra di voi che hanno pensato che ho preso troppo sole o che sto impazzendo potrebbero aver ragione, e se cosi' fosse, evviva l'insolazione evviva la pazzia.
Hasta todo

sábado, mayo 20, 2006


Puerto Colombia - 20/05/2006 - Ore 19.38 Il senso della festa del venerdi' sera sorge anche nei viaggiatori a patto che riescano a realizzare che giorno e'. La folta comunita' che si e' formata all'Hostal Colonial ha moltiplicato le possibilita' che cio' avvenisse e cosi' e' stato. I due eroi si chiamano John e Waldemar. Il primo originario del Galles, il secondo di Berlino, entrambi sulla sessantina ed entrambi professore in un universita' canadese. John in particolare insegna latino, il che mi ha permesso di fare una discreta figura di merda, dato che pensava che in quanto italiano fossi quasi madrelingua. Eroi perche' si sono offerti di procurare pesce, patate, birre, rum e bevanmde varie per tutta la comunita'. A rendere il tutto commestibile ci ha pensato Tymon, personalizzatore di magliette di Rotterdam e la sua bellissima ragazza Natasha, Londra, aspirante attrice. Il sottoscritto aiutato dal gia' conosciuto Stephan (inseparabili nell'ultima quasi settimana) si e' occupato della brace mentre Andrew, Giorgina e Stephanie (UK) facevano in modo che ognuno avesse sempre qualcosa da bere. Dominique di Boston cazzeggiava chiedendo di tanto in tanto se poteva dare una mano. Il risultato e' stato una festosa grigliata i cui partecipanti erano tutti piu' o meno alticci. La razza dei viaggiatori difficilmente delude chi e' in cerca di persone interessanti. La serata e' trascorsa tra mille aneddoti di quelli che ti possono capitare solo quando viaggi, dal quasi arresto di Tymon a Panama, al viaggio nella piu' completa oscurita' sul Rio delle amazzoni di Andrew e Stephanie, dalla notte passata a 4000 m da John e Waldemar a causa di un guasto di un autobus peruviano, alla mia epopea per scendere dall'Hymalaya indiano. Man mano che i bicchieri si svuotavano, si creavano piccoli gruppetti infognati in discorsi sulla moda, sulla politica, sul costo dei biglietti aerei, su quegli "assholes" degli americani e cosi' via. Di quando in quando tentavo di guardare quella strana situazione dall'esterno, chiedendomi quale strano gioco del caso ha portato tutte queste persone cosi' diverse allo stesso tavolo, rimanendo affascinato dalla totale naturalita' di una situazione tanto fortuita. Il viaggio fa l'uomo compagno.
Hasta luego viajeros

jueves, mayo 18, 2006

Puerto Colombia - 18/05/2006 - Ore 19.15 Una giornata passata su una magnifica spiaggia a rincorrere l'ombra della palma che sembra scappare con il passare dcelle ore. Ho deciso di affrontare la questione sole di petto: basta con la crema solare, continuero' a bruciarmi finche' il sole non si sara' stancato di infierire su di me. Ho realizzato che rimanere da mezzogiorno alle due a dormire sul bagniasciuga non e' esattamente quella che si chiama una buona idea. Queste in sostanza le attivita' della giornata, a cui si aggiungono ovviamente svariate nuotate e diverse chiaccherate con personaggi piu' o meno improbabili, dal mago del sesso venezuelano che per qualche strana ragione ha deciso di venirci a raccontare le sue stoiche gesta, alle due francesi piu' rozze del mondo che si guadagnano di che viaggiare vendendo braccialetti a tratti inguardabili.In uno dei molti momenti in cui percepivo il senso di leggerezza che mi riempe l'anima ho provato a pensare a cosa non andasse in quel momento, perche' doveva pur esserci qualcosa, della serie che la leggerezza dell'essere e' insostenibile... Ho trovato una cosa: non poter condividere con le persone che amo questa meraviglia, non poter scattare una foto a 360 gradi con il sottofondo del mare, l'odore di salsedine e il sapore del cocco appena raccolto sulla spiaggia. E se questo blog rappresenta questa mia esigenza di avervi in qualche modo al mio fianco e' altrettanto vero che nessuno potra' mai descrivere quello che questo luogo mi sta regalando. A ben pensarci non e' solo il luogo, e' il momento in cui questo luogo mi si e' presentato davanti ai sensi, il momento in cui le potenzialita' di questo pezzo di vita quaggiu' si sono disvelate di colpo permettendomi di cogliere ogni minimo dettaglio di questo paradiso. La piu' volte citata liberta' di cui godo mi permette di penetrare davvero l'essenza di questo angolo di venezuela, non fermandomi alla sensazione di cio che poteva essere ma non sara'.
Hasta pronto compañeros

miércoles, mayo 17, 2006


Puerto Colombia - 17/05/2006 - Ore 20.20
Sono approdato in un luogo dove potrei facilmente fermarmi tutta la vita. Ieri, arrivato all'ostello, ed accolto da una signora davvero amichevole e portato alla mia stanza attraversando un grosso cortile orlato di palme, banani e manghi, ho sentito il relax pervadere il mio corpo. Una siga, due chiacchere con la signora in cui per la prima volta mi viene detto che ho libero accesso a tutta la cittadina perche' pericoli non esistono, e mi dirigo alla spiaggia, distante 5 minuti scarsi. Un ultima curva e mi si apre uno scenario incantevole composto da una lunga e larga spiaggia arancione, delimitata da una lunga fila di palme che offrono protezione dal sole dritto sopra di me e due montagne che alla mia destra e alla mia sinistra che chiudono la baia tuffandosi nel mare leggermente incazzato ma con una temperatura che io trovo perfetta. Perfetto e' il solo aggettivo che mi viene in mente per descrivere questo posto. Sulla spiaggia conosco Stephan, Austria, che in breve tempo e' diventato un compagno di viaggio perfetto, uno di quelli con cui non ti senti in imbarazzo se stai zitto. Vive nel mio stesso ostello, sta cercando di andarsene da diversi giorni ma non ce la fa' e sicuramente la mia compagnia prolunghera' il suo soggiorno. Il clima e' perfetto, caldo ma ventilato, solleone ma palme a darti conforto. L'ostello e' perfetto, con il suo grande cortile che funge da sala comune dove tutti i viaggiatori che arrivano qua si ritrovano la sera a bere birre, fumare le zars e scambiarsi consigli. Abbiamo seguito uno di questi consigli e stamane ci siamo diretti a quella che i locali chiamano Playa Escondida che come suggerisce il nome e' un pezzo di sabbia accessibile dopo una lunga camminata attraverso una folta giungla. Non e' stato affatto facile trovarla, ma dopo quasi 3 ore (al ritorno 30 min...) siamo arrivati in quello che abbiamo subito chiamato un altro pianeta in quanto tutto il resto del mondo non era e non poteva essere li. Un luogo perfetto. La sensazione provata dopo una delle piu' rigeneranti nuotate della mia vita e' stata quella che avrei potuto rimanere delle ore a fissare le onde arrivare a sfiorarmi le gambe mentre sedevo sul bagnasciuga. Una grande conquista di questo viaggio e' l'aver quasi sconfitto la noia. E se questa sopraggiunge bastera' camminare fino alla fine della spiaggia per ricacciarla da dove e' venuta. O bastera' concentrasi sulle assurde traettorie dei granchi che instancabili escono dalle loro tane per ritornarvi non appena si accorgono che sono ancora li. O bastera' fissare una palma aspettando che un cocco cada sulla spiaggia (terza causa di morte in venezuela...) interrompendo la "monotonia". Sulla strada del ritorno ci siamo fermati a guardare un perfetto panorama in cui montagne verdissime cedevano il passo ad una baia che subito ricambiava il favore ad un altra montagna. Colonna sonora migliaia di uccelli che si facevano sentire senza farsi vedere. Sentimenti di pace e di poesia, come forse questo post rileva. Domani torno ad essere scurrile, ma la ricerca di parole perfette per descrivere la perfezione e' un esigenza, purtoppo incontentabile.
Hasta el paraiso
P.s. Persino il cellulare non ha voluto rompere la perfezione degnandosi di funzionare. Incredibile.

lunes, mayo 15, 2006

Merida - 15/05/2006 - Ore 15.01Ques'ultimo week-end andino l'ho dedicato all'esplorazione delle verdissime, purissime ed altissime montagne che ricorporno questa parte di latinoamerica. Due ore di autobus su una strada tutta curve e buche per arrivare ad Apartaderos dove un breve cammino ti conduce alla Laguna Mucubaji, splendida nonostante fosse avvolta da una nebbia che mi costringeva ad asciugarmi gli occhiali piuttosto spesso. Un ora ancora di tragitto per arrivare alla Laguna Negra cosi' chiamata per le sue acque molto scure che unite alla solita compagna di viaggio Mrs. Nebbia, donavano al lago un atmosfera molto lochnessiana anche se di mostri neanche l'ombra. Il cammino per giungervi, e' immerso in quello che viene chiamato il Paramo, ovvero la flora-fauna tipica di questa parte delle Ande. La fa nettamente da padrone il Frailejones, una strana pianta verde spento, con le foglie che partono dal centro per dirigersi verso l'esterno. Il coraggio di questa pianta e' notevole dato che la si puo' trovare fino ai 4000 m. e dona all'ambiente un nonsoche di esotico e ti ricorda che sei in Venezuela nonostante la nebbia, la pioggia, il freddo e il vento. Di quel groviglio di vegetazione che in altri tempi ho chiamato tropical-montano nemmeno l'ombra. Ma non cambia solo il paesaggio. Spostandosi dalla citta' i volti delle persone assumono tratti piu' marcati, la pelle si scurisce e si brucia, i bianchi spariscono. Gli ombelichi sono coperti da abiti meno "marcati", i culi sono piu' grossi, i tacchi inesistenti. Meno videofonini e piu' cabine, meno birra e piu' vino di mora (ottimo), nomi dei paesi poco spagnoli ma molto indigeni. La musica e' limitata agli sganngherati mezzi che percorrono quelle strade e pertanto si riesce addirittura a gustare un po' di silenzio (un bene di lusso da queste parti...). Il viaggio di ritorno procede tranquillo, fino a quando non giungiamo a Mucuchies, dove il mezzo viene preso d'assalto da studenti, ubriachi, anziani, fruttivendoli, mamme, bambini, mercanti, e per un piccolo tratto anche un simpatico contadino con tanto di polli appresso; ed e' tutto un mischiarsi di voci che ben presto si trasformano in una efficace ninna-nanna.Oggi invece, intenzionato a non lasciare le Ande senza una bottiglia di vino di more, mi sono recato a El Valle, dove per botta di culo mi sono imbattuto nelle celebrazioni di San Isidoro, patrono locale. Tutto il villaggio di fronte alla chiesa a bere vino, mangiare empanadas, cercare di rimorchiare, agghindare le mucche e offrire prodotti della terra alla statua del buon Isidoro che instancabile protegge dalle intemperie questo piccolo pezzo di Venezuela. Come al solito tutti molto cordiali con il sottoscritto "gringo" al quale hanno offerto diversi bicchieri di poncho andino che mi hanno fatto preferire percorrere un paio di km a piedi prima di prendere il mezzo senza sospensioni che mi ha ricondotto in citta'.Ultime ore nella citta' che mi ha cosi' amichevolmente ospitato, un pochino di malinconia per quello che lascio, ma il vento del nord di Chocolat soffia anche per me ed e' tempo di andare.Direzione caribi a tempo indeterminato.
Hasta el mar

sábado, mayo 13, 2006


Merida - 13/05/2006 - Ore 19.20 Rileggendo il post di ieri e memore dell'esperienza di oggi, mi sono accorto che altro s'ha da dire sull'argomento turismo. Il fatton odierno a cui mi riferisco e' la ressa-rissa necessaria ogni qualvolta il turista in questione deve ritirare di che vivere dal bancomat. Come gia' detto in altra occasione il massimo prelievo consentito e' di 76 euros, il che equivale ad instaurare un vero e proprio rapporto di amicizia con il "cittadino dell'ordine" che staziona di fronte alla banca vicino casa. La situazione che si incontra e' la seguente: mezzo isolato prima della tua meta, sei obbligato ad attraversare la strada perche' un inspiegabile folla affolla il marciapiede. Una volta giunto sull'altro lato, segui con lo sguardo la fila di persone, e purtroppo per te la coda termina proprio dove non riuscivi a credere fosse possibile: il maledetto cajero automatico. Fai il giro di tutte le banche del centro (6), ricontrolli il portafoglio per assicurarti che il prelievo e' davvero necessario, e pazientemente ti dirigi verso la fine della marea umana. L'attesa media e' di circa mezz'ora, che diventano 50 minuti nei fine settimana o una 15ina nelle ore centrali delle giornate lavorative. E' un attesa ricca di tensione: l'incubo di tutti i presenti e' che a un certo punto il primo della fila pronunci le fatali parole: "no hay plata". Alias "e' finito il denaro, potete bestemmiare". A chi fosse venuto in mente "ma chissa' perche' non preleva nelle ore notturne", continui nella lettura che glielo spiego subito.Ogni qualvolta il nostro turista giunge in una nuova citta', trovera' nell'hotel in cui alloggiera' un premuroso gestore che gli indichera' quali sono le zone in cui puo' mettere piede. Mi permetto di sottolineare che non ti dice quali sono le zone in cui non puoi andare, ma quelle in cui puoi. E' sicuramente piu' rapido. E in generale conviene tornare tra le mura "domestiche" tra le 20.00 (Caracas) e le 23. Merida e' una piacevole eccezione, torno a casa a piedi, da solo, alle 4 di mattina, senza paranoia alcuna. Oggetto di gran lunga piu' rubato in Venezuela, pare con grande stacco sul secondo, la macchina fotografica. Bene. La mia sensazione personale e' che gli autoctoni quasi ci godano a vivere in un paese pericoloso. In genere mi sono sentito moderatamente sicuro in ogni luogo dove sono stato. Spero di non essermela mandata. Infine i contatti con i locali: facilissimi! Non appena capiscono che sei straniero e parli un po' di spagnolo fanno a gara per parlare con te, chiederti chi sei, dove vai, da dove vieni, se ti piace Chavez, se ti piacciono le donne venezuelane o se sei stato in un qualche luogo che assicurano essere il piu' bello del mondo. Quasi tutte le informazioni scritte nel blog sono state raccolte cosi', magari non tutto nella realta' esattamente come sta scritto, ma se e' reale cio' che la gente crede sia reale, allora dovrei aver scritto mas o menos la verita'. Questa voglia di parlare con lo straniero nei locali notturni si tramuta in una voglia irrefrenabile di insegnarlgli la salsa, senza minimamente pensare possano esistere esseri umani piu' vicini al mondo vegetale piuttosto che a quello animale quando si tratta di ballare. Ma non c'e' nulla da fare, e' un prezzo che si deve pagare. I miei progressi possono essere misurati solo con l'aiuto della carta millimetrata.
Un ultimo accenno alla genuinita' e all'innocenza dei ragazzini di isla de Arapo (tutte e tre le foto) che una volta saputo che venivo dall'Italia, mi hanno chiesto se ero giunto con l'autobus.
Hasta pronto

viernes, mayo 12, 2006




Merida - 12/05/2006 - Ore 18.36 Ultimo giorno di scuola. Quest'ultima settimana l'ho patita: tornato da una settimana di mare, lezione alle ore 8 (otto) di mattina. Insostenibile. Felice me ne torno alla playa, dove restero' a tempo indeterminato. Mille programmi: opzioni piu' palpabili Ecuador, Brasile o Trinidad e Tobago. Se qualcuno ha altre proposte da buttare nel calderone si faccia avanti. Piu' si moltiplicano le opzioni piu' avro' bisogno di tempo per esaminarle svaccato sulla spiaggia. Che bello essere un turista. E proprio di questo andiamo a parlare oggi: essere un turista in terra di Venezuela. Uno dei primi giorni mi e' capitato tra le mani un volantino il cui slogan principale recitava: "Turismo, il petrolio del futuro", che puo' essere tradotto in "Turista, una banconota che cammina". Il volantino in questione e' rivolto ad albergatori e operatori turistici. Il nostro presidente si e' reso conto che la sua bella reggia puo' valere molto di piu' che quelle poche decine di miliardi di dollari all'anno. Il Venezuela e' una terra inspiegabilmente ignorata dal turismo internazionale. Il suo territorio puo' vantare paradisi caraibici e paradisi montani, una giungla in gran parte vergine e dune sahariane, oltre a una certa quantita' di luoghi che non hanno eguali sulla faccia della terra: tra tutti i tepuis, delle "montagne" parallelepipede alte 3000 m sulle quali la flora e la fauna si sono evolute in totale isolamento regalando agli odierni visitatori un paesaggio a meta' tra qua e un altro pianeta. In realta' non e' cosi complesso spiegarsi l'assenza di un massiccio turismo. In questi giorni il Venezuela e' uscito dalla ristertta cerchia di paesi che rispettano i diritti umani. La quasi totalita' dei paesi occidentali sconsiglia viaggi nel paese in quanto la criminalita' dilaga (voci non ufficiali parlano di 70 omicidi alla settimana nella sola Caracas). Infine non c'e' una vera e propria cultura del turismo. Questo da una parte, (come tutte le cose zanzare a parte) e' buona cosa: non si viene ancora visti come un pollo da spennare e l'accerchiamento dei soliti "tuttofare" e' estremamente limitato. Dall'altra parte pero' si avverte una mancanza di servizi che impedisce una vera esplosione turistica del paese (per fortuna). Esempio: provate a venire da queste parti di domenica: ecco quello che vi capitera'. Primo problema: fare colazione. Un degenero. Domenica giorno del signore e pertanto todo esta cerrado. Quello che i locali non capiscono e' che magari un turista avrebbe voglia di mandare un email al signore dato che non conoscendo la lingua locale, non potrebbe cerebrarlo adeguatamente. Bisogna sperare che il signore capisca le tue intenzioni e ti conduca laddove un anima buona ha deciso di tenere aperto. Tali luoghi cambiano di settimana in settimana, quindi non credere di poter fare affidamento sulla memoria domeica prossima. Le ore passano; hai camminato tutto il giorno, sei stanco, ma ti viene l'illuminazione: vado a bermi una birra. A Merida esistono 3 (tre) posti che possono soddisfare il tuo desiderio. Uno di questi e' un motel di quelli squallidi. Gli altri due sono carini, ma li devi trovare. Non hai successo e quindi te ne torni mesto mesto, verso la posada. A merida piove tutte le notti. Quindi sta diluviando. Sei fradicio e devi affrontare l'ultima prova: suonare il campanello sperando che quella fancazzista della custode abbia il cuore di venirti ad aprire, dato che nessuna posada della citta' ti lascia le chiavi, se non della tua piccola cella. Capitano attese di mezz'ora. Altro capitolo e' quello dei trasporti. Petrolstrade, petrolponti e petrolgallerie sono in ottime condizioni. Anche i bus a lunga percorrenza sono di tutto rispetto, mentre i mezzi regionali, sono la cosa piu' tenera che si possa immaginare. Mezzi completamente pittati, ricorperti di gente, che cercano disperatamente di raggiungere il 700000esimo kilometro di strada percorsa. L'obiettivo dichiarato delle compagnie principali di bus e' rendere il viaggio piu' confortevole possibile ai numerosi utilizzatori. La tecnica che usano e' quella di congelare il cliente e scongelarlo una volta a destinazione, in modo tale che nummeno si accorga di aver viaggiato. Temperature polari. La gente sale sui freezer con coperte, sacchi a pelo e i piu' organizzati con i calzettoni di lana. Una volta ho chiesto all'autista se era possibile abbassare un pochetto l'aria condizionata; la sua risposta fu: "e' incluso nel prezzo". Aveva ragione lui, non potevo ribattere nulla.Da segnalare un massiccio turismo di autocnoni che con la loro petrolmacchina, si riversano a milioni sulle petrolstrade per raggiungere le non ancora petrolspiagge dove possono dimenticare per qualche ora che tutte le loro petrolcose le dovranno restituire al loro petrolpresidente.
PetrolHasta

miércoles, mayo 10, 2006


Merida - 10/05/2006 - Ore 19.42
Un mese fa lasciavo la madrepatria per venirmi a infognare nel delirio venezuelano. Potrebbe essere un momento buono per tirare le somme di questo inizio. Potrebbe anche non esserlo, ma io sono il capo del blog, quindi decido io. Quest'ultima cazzata in realta' rivela molto del mio stato d'animo. Io sono il capo. E' questo il pensiero che piu' mi sta facendo gustare questo pezzo di vita cosi' lontano da casa. Non si e' quasi mai totalmente liberi. Mille giudizi, mille aspettative, mille obblighi sociali, mille relazioni, mille impegni, mille voci dalla coscienza. Queste 6000 cose costituiscono la nostra difesa, costituiscono quello che poi ci manca quando andiamo via, costituiscono quello che amiamo. I primi giorni mi sentivo in campo aperto, esposto al fuoco del "nemico"(=il mondo). Scoperto che ebbi che il "nemico" usa armi caricate a salve, ho iniziato a pensare che se era vero che il mio esercito di affetti era sparito, era altrettanto vero che ero l'ufficiale di grado piu' alto. La promozione non ha evitato sbalzi di umore giganteschi, passavo fisicamente e moralmente dal livello del mare di Santa Fe ai 4700 m di Pico Espejo. Al potere occorre abituarsi. E direi che mi ci sto abituando. Ho imparato a conoscere nuove persone molto piu' facilmente, fottendomene altamente di dire una cagata o di essere noioso. Ho imparato a bruciare le tappe con queste nuove conoscenze in modo da arrivare a parlare di intime questioni nel giro di un pomeriggio. Ho imparato a vivere da solo magari un paio di giorni, senza che questo turbi la sorta di equilibrio che ho raggiunto. Ho imparato a mas o menos comunicare in spagnolo. Ho imparato a fare le cose per il semplice motivo che mi va di farle e pazienza se sembrano illogiche, stupide, o non "fashion". Molto c'e' ancora da imparare. Appuntamento a tra un mese con il secondo checkpoint. Se mi andra' di farlo.
Hasta somos vicini

martes, mayo 09, 2006

Merida - 9/5/2006 - Ore 17.37 Dato che le mie giornate qua a Merida trascorrono mas o menos seguendo una certa routine, vi beccate un altro polpettone sul nostro amico Chavez. Non e' che voglia tormentarvi ma qua e' davvero l'argomento del giorno tutti i giorni. Dopo dieci minuti di conversazione di solito salta fuori per qualche motivo e ammetto che a volte lo tiro fuori io di proposito... La prima domanda che mi sono posto e': ma il nostro eroe e' amato dai suoi sudditi? La risposta e' si e no. Ed e molto facile prevedere se il tuo interlocutore sta dalla parte del si o del no. Semplificando forse troppo i poveri lo adorano, l'esigua classe media e l'impercettibile classe abbiente lo odiano. I meno fortunati hanno ricevuto molto dal nostro populista: soldi, scuole, qualche ospedale senza medici, a volte un lavoro; ed e' esattamente tutto cio' che potevano sperare che la vita gli riservasse: mangiare, curarsi, mandare a scuola i numerosi figli. La classe media diciamo di sinistra, pur apprezzando il suo semisocialismo, non riesce a mandar giu' i troppi buchi della democrazia chaveziana. Troppo stretti legami con Cuba, troppo lenti quelli con il resto del sud america filo americano. L'ultima mossa del presidente e' stata quella di uscire dalla CAN (Comunidad Andina de Naciones), una sorto di proto-unione politco-economica dei paesi andini. Tale scelta e' stata dettata dal fatto che il direttivo della CAN intendeva firmare un accordo con gli Stati Uniti. Chavez e' un po' cosi', se non gli sta bene una cosa, manda tutto affanculo, la via di mezzo non esiste. Il venezuela quindi rischia di isolarsi ancora di piu' accompagnato nel suo cammino dalla Bolivia (lo stato piu' povero del Sud America) e da Cuba. Non so che pensare. Da una parte mi sembra buona cosa la nazionalizzazione delle risorse (su tutte il petrolio) ma dall'altro lato avverto una certa tensione tra chi un lavoro ce l'ha e teme di perderlo alla prossima mossa di Chavez. La politica qua e' un gran casino. Altro che i bavagli di Bondi, le ossa di Fassino, o la pelata del nostro ex premier. A proposito del nano, c'e' un altra cosa che avrebbe potuto imparare dal re del venezuela. Il sistema della petizione. A meta' mandato presidenziale, il popolo ha il diritto di firmare una petizione, e se le firme superano il 50% nuove elezioni s'hanno da indire. Cosi' e' avvenuto qualche mese fa, a quanto pare la maggioranza della gente voleva cacciare l'imperatore. Cosi' non fu, in quanto le urne decretarono un enorme successo per il nostro. La gente sente puzza di bruciato ma poi si accorge che e' la nuova raffineria che gli hanno installato nel giardino nottetempo. La cosa migliore pero' e' tutta la gente che ha firmato la petizione e' stata registrata su i computer statali e questi ora non possono ottenere lavoro per il governo (e ovviamante per la PDV, la compagnia che ha il monopolio del petrolio), se lavoravano per lo stato ora non e' piu' cosi', non possono ricevere prestiti statali e tutta una serie di limitazioni che fanno del venezuela una delle patrie della liberta' di pensiero.
Hasta rasta

lunes, mayo 08, 2006

Merida - 8/5/2006 - Ore 19.10
...e infine ritorno' alla montagna... Mi e' sembrato di tornare a "casa". Arrivare in un posto del quale conosci le strade, conosci i locali, conosci il gestore dell'internet point sotto casa, conosci la gente della scuola, conosci i tuoi coinquilini. Le virgolette tra cui si trova la parola casa non stanno tanto a significare che questa non e' la mia vera casa. Piuttosto indicano il fatto che in una settimana in genere le cose non cambiano di molto a casa. Qui si. Analuz e Baas non ci sono piu', cosi' come altri che mi hanno accompagnato nelle prime due settimane. In cambio molta gente nuova e' approdata ai banchi dell'Iowa. In particolare vanno citati Rachel, canadese, 24 anni, studentessa di psicologia, in viaggio per i prossimi 4 mesi, e Rudy, svizzero, 50enne, in vacanza con la moglie e la loro barca a vela per il resto della vita. entrambi miei compagni di classe. Un paio di episodi mi hanno portato a trovare un abbozzo di risposta a una domanda che fin dal primo giorno qui mi frulla in testa: "ma la poverta', dove sta?". Potrei rispondere semplicemente che sta in ogni dove, essendo che colpisce i tre quarti della popolazione venezuelana. Ma sapete che mi piace dilungarmi, quindi beccatevi il polpettone. Il fatto stesso del sorgere della domanda indica che questa poverta' c'e' ma non si vede. E una prima risposta potrebbe indicare la strada delle "favelas" locali (barrios) e delle streminate campagne sprovviste della parola "servizi" nel vocabolario delle persone (si, sono proprio persone) che vi vivono. I Barrios sono dei non luoghi. Nessuno di quelli che incontri nei bar, o dei pub, o nei ristoranti o nella calle, c'e' mai stato o sa precisamente dove sono. Pero' ti raccomanda di non andarci. Si ha la sensazione che si voglia superare il problema poverta' semplicemente facendo finta che non esista, confinando la poverta' visibile in luoghi invisibili. La gente nelle strade sfoggia cellulari di ultima generazione, abiti estremamente occidentali ed estremamente "marcati", auto intammarrite di tutto punto, grossi impianti stereo e qualsivoglia diavoleria che puo' essere considerata uno status symbol. Proprio qui sta il trucco: tutta apparenza. Il Chavez nazionale ha un idea tutta sua della campagna elettorale, che a tratti ricorda qella di un nostro ex premier: comprarsi gli elettori. Milioni di petroldollari sono stati regalati agli strati piu' bassi della popolazione, altri milioni sono stati elargiti in prestiti quasi a fondo perduto e con interessi ridicoli, altri milioni ancora sono stati utilizzati per rendere il sistema scolastico gratuito ed efficente (per gli standard pre-Chavez). Ma non e' sempre domenica ed ora il nostro eroe sembra piu' intenzionato a trasferire grosse somme di petroldollari a Cuba (per Fidel) e alle Cayman (per se stesso). La gente non vuole credere che sia davvero finita la pacchia e non si preoccupa ne del fatto che i soldi per pagare i debiti non li ha, ne del fatto che vive al di sopra delle proprie possibilita'. Nei bancomat venezuelani si possono ritirare al massimo 76 euro per volta. Questo mi porta ad essere spesso nei pressi delle infernali macchinette. Ho perso il conto delle volte che ho sentito dire dalla gente con il foglietto del saldo contabile in mano "ci deve essere un errore" cosi' come ho perso il conto delle volte che sbirciando sul monitor davanti a me leggo la scritta "denaro insufficente per eseguire l'operazione". Mi permetto di sottolineare che il massimo prelievo consentito e' di 76 euro. Un altro conto di cui ho perso memoria riguarda le volte che sul menu di un ristorante, tra un arepa e l'altra, appare la scritta "Non si accettano carte di credito con meno di 5000 bolivares". 5000 bolivares sono due euro scarsi. Il dramma di questo popolo e' che si e' ritrovato nella poco inviadiabile situazione di passare da essere una nelle nazioni piu' benestanti d'America, a una tra le piu' povere. Dieci anni fa circa 4 bolivares compravano un dollaro. I prezzi dei beni erano piu' alti che in Europa e ed era abitudine diffusa andare a fare shopping a Miami, dove tutto costava la meta'. Ora per comprare un dollaro ci vogliono 2500 bolivares. Immaginatevi cosa accade ai risparmi di una vita: carta straccia. Aggiunge l'impossibilita' per un venezuelano di acquistare valuta straniera ed ecco che Miami per le nuove generazioni e' un concetto confinato in uno schermo televisivo.Hasta la victoria

sábado, mayo 06, 2006


Tucacas - 06/05/2006 - Ore 17.43Dunque ho preso la patente. Sono stati tre giorni faticosi, alle volte molto faticosi, nel corpo e nella mente. Domani mi godo un ultimo giorno di svacco totale facendo attenzione a muovere meno muscoli possibile e a non peggiorare le condizioni in cui ampi tratti della mia pelle si trovano. Stamane, armato della mia crema protezione 18, e intenzionato a non lesinarne la quantita', mi avvio con Andre' a Cayo Norte per la 5 e penultima immersione. Nonostante le mie buone intenzioni la parte superiore delle cosce non ce la fa piu', la base del collo e' coperta da bollicine e mi dolgono addirittura gli avambracci. Immersioni della giornata estremamente gradevoli e senza brutte sorprese, piuttosto un paio di incontri interessanti. Il primo lo potete vedere qua a fianco, Mr. Barracuda. Il fatto che rende le immersioni uno sport adatto al mio corpo e' che tutto si vede piu' grande e piu' vicino di un quarto. Entonces perfino un individuo dalle scarse abilita' visive come il sottoscritto puo' gusarsi appieno lo spettaccolo. Il barracuda di cui sopra dunque mi e' subito apparso come un mostro marino senza precedenti. E se e' reale cio' che si percepisce come tale, vi assicuro che fa un certo effetto trovarsi questo bestione di due metri di fronte. Effetto moltiplicato dal fatto che il pesce in questione e' molto curioso. Quando incontra un abitante del mare che non ha mai visto lo segue per un certo periodo, per vedere che fa. Non e' pericoloso, si limita a farsi i cazzi tuoi. Poco oltre vedo Andre' dirigersi velocemente verso il fondo, il tempo di sfiorare la sabbia ed esce una razza che per le suddette ragioni era davvero enorme. Un lenzuolo fatto pesce. Il tutto nella solita cornice di coralli e colori, che nella giornata di oggi e' stata particolarmete vivace, grazie al sole che, oltre a grigliare la mia pelle, diffondeva una luce piu' intensa. Particolarmente emozionante-shokkante-immobilizzante-meravigliante e' stato il passaggio di una colonia di pesci dal corpo azzurrino, la coda gialla e due piccole pinne che muovevano senza sosta avanti e indietro. Tenete conto del fatto che saranno stati molte migliaia (e non e' che sott'cqua vedi piu' oggetti di quelli che ci sono davvero...) e sembrava di vedere uno stadio di pesciolini che battevano le mani alla bellezza della barriera corallina. Il tempo tra un immersione e l'altra, oltre ad essere utile ad evitare una o piu' sciagure di cui i post precedenti, e' tempo di relax su una spiaggia assolutamente deserta, ad eccezione delle numerose iguana dal corpo blu elettrico e la testa verde che vengono a riscuotere l tassa d'ingresso sull'isola, ovvero un pezzo del mio panino.Grande festa stasera all'ostello, saremo una decina. (B)Hasta cosi per oggi.

viernes, mayo 05, 2006


Tucacas - Auguri a Marco L. - Ore 19.05Il buceo e' proprio una cosa innaturale. Non ci avevo mai pensato, ma in effetti il mare e' sicuramente l'ambiente meno adatto ad ospitare l'uomo. Dopo una mattinata passata nuovamente a sentirmi raccontare disgrazie varie che possono accadere (oggi in particolare tutta la storia delle pause di decompressione e che succede se non le fai.....brrrrr) ci rechiamo a Cayo Norte, altra minuscola isoletta di cui potete vedere la foto. La profondita' prevista e' di 20 metri e precede la discesa in acqua un rapido calcolo su quanti minuti possiamo stare abajo senza dover fare la pausa di decompressione a 5 metri. Risultato: 41 minuti. Questi calcoli mi hanno agitato non poco; mi chiedo: ma se sto giu 39 minuti che cambia rispetto ai 41? perche' quei due minuti in piu' possono cambiarmi la vita? ma 20 metri sono quasi un palazzo di 6 piani, compreso quello rialzato? ma davvero? ma sto nitrogeno che crea le bolle ma perche' esiste? ma chi me l'ha fatto fare? l'uomo sta sulla terra, il pesce nel mare, perche' cambiare questo sistema che pare funzionare cosi' bene? la prima meta' di queste questioni me le ponevo sulla barca, l'altra meta' sott'acqua. Risultato: un accenno di panico. Una sensazione orribile. Sai che non puoi salire piu' in fretta che puoi come vorresti e sai altrattanto bene che non vuoi scendere piu' in basso. La respirazione aumenta di intensita' e frequenza e dato che il suono del tuo respiro e' l'unica colonna sonora del tuo viaggio, il risultato e' che ben presto ti sembra di essere a un rave party. La cosa piu' allucinante e' che una volta entrato nel tunnel di paranoie non e' cosi' facile uscirne. La paranoia piu' grande e' quella che i tuoi timori si trasformino in panico con conseguenti stronzate. Strategia che ho adottato: chiamare Andre' che mi rpecedeva di un metro circa, comunicargli il mio stato e stare a vedere che consigliava. Mi ha portato poco piu' in alto (circa 9 metri) e fatto appoggiare le pinne sulla sabbia in modo tale che potessi riposare. 1 mintuo ed ero un uomo nuovo. Inspiegabile ma reale. Ho ricominciato a gustarmi i mille colori che si confondono con gli altri mille colori dei mille pesci che vagano apparentemente senza meta. Ma oramai ho consumato troppa aria, e 28 minuti dopo il grande pluff! riemergiamo. Stanco, provato, ma di base preso bene. Seconda immersione nel pome e nulla da segnalare, andate a rileggere il post di ieri. Aggiungeteci una piccola murena gialla che con il suo fare aggressivo e minaccioso protegge quello che considera il suo spazio. Una delle piu' brutte creature che mamma natura creo', seconda sola all'uomo lupo che gestisce la mia posada. Un ultimo appunto: ieri sera mi sono permesso di ordinare una mega insalatona di calamari e gamberoni alla piastra. 9 euri ben spesi.Hasta la vista

jueves, mayo 04, 2006

Cayo Sur

Tucacas - 04/05/2006 - Ore 18.42 Tra le mie parole spagnole preferite entra di forza "bucear" ovvero "fare
immersioni", e l'attivita' in se' entra di forza tra le cose piu divertenti che abbia
mai fatto. Sveglia militare alle 7.45 perche' alle 8 prima lezione di teoria, il cui
scopo e' principalmente farti cacare sotto, in modo tale che ti entri in testa che
non si possono fare cazzate. La prima ora e' tutto un parlare di embolie, enfisemi,
intossicazioni da ossigeno, bolle d'aria, paralisi, camere di decompressione a 8 ore
di viaggio ecc. ecc. Di base sono due le cose fondamentali per le quali si rischia
davvero, per lo meno alle minori profondita': la regolazione della pressione nelle
orecchie (alias tapparsi il naso e soffiare con le narici) e l'espansione
dell'ossigeno nei polmoni quando si risale (alias salire sempre continuando a
respirare). Mentre io cerco di non farmi scappare questi due principi dalla mente,
Andre' (quello della posada nonche' istruttore di buceo) porta me e la sua barca
verso un paradisiaco posto chiamato Cayo Sur. In parole povere una minuscola isola
disabitata, circondata da una barriera corallina in cui vivono diverse migliaia di
pesci. Poco distante Cayo Chiquito, che risponde alle stesse caratteristiche. Breve
spiegazione sull'equipaggiamento, un paio di esercizi dove si tocca e poi giu, dove
di sicuro non osano le aquile. 38 minuti dura la prima immersione. E assicuro che e'
emozionante non uscire mai dall'acqua per cosi' tanto tempo. 38 minuti di colori,
viola, violetto, violino, lilla, rosa, fucsia, rosso, rossofuoco, giallo, giallino,
ocra, oro, verde, verdastro, verde acqua, azzurro, celeste, blu, e tutte le sfumature
intermedie. Una muraglia di coralli alta 15 metri (ovvero la profondita' max
raggiunta oggi) da cui spuntano centinaia di creature che si confondono o si
distinguono con la barriera a seconda del carattere piu' o meno estroverso. Esseri
piccoli qualche centimetro appena ed altri che superano il metro. Primo incontro
ravvicinato un cavalluccio marino, che tenero, uscito direttamente da "La Sirenetta".
Secondo e principale incontro della giornata sottomarina una tartaruga ENORME che
tranquilla se la vaga senza meta nel blu dipinto di blu. E' tutto un guardarsi attorno o inseguire un pesciolino, questa volta quasi ad armi pari. E poi un'aragosta si affaccia timidissima sull'uscio della sua caverna ma subito si ritira non appena mi vede probabilmente leggendo nel mio sguardo propositi culinari. Tutti i miei sensi erano talmente occupati a meravigliarsi che non ho mai provato l'ansia che mi aspettavo. 38 minuti volano. Pranzo sulla barca e riposino sulla spiaggia di cui la foto. Dopodiche' otro buceo e otra meraviglia. 40 minuti dopo mi sto togliendo l'ingombrante attrezzatura e sbevazzando una birra torniamo verso la civilta'.Hasta mañana

miércoles, mayo 03, 2006



Tucacas - 03/05/2006 - Ore 20.10
Finalmene il Caribe nuovamente. Giunto senza inconveniente alcuno (se si esclude la permanenza nella cellafrigorifera-autobus) mi posso godere questa meritata settimana di vacanza. Arrivo alla fermata del bus intorno alle 9.30 e subito incontro Norbert, piu' che un uomo un lupo mannaro. Capelli lunghi e castano, alto e magro, con un ciuffo di peli lungo una 15 di centimetri che gli fuoriesce dalla maglietta, sopraciglia alla Peo Pericoli e un braccio ingessato. L'individuo piu' hippy che abbia mai visto. Subito tento di evitarlo ma poi mi dice che e' il gestore della posada dove intendo soggiornare. Lui e' tedesco, il suo socio, Andre', belga. Quest'ultimo e' hippy quanto lui ma con meno peli e piu' panza. La posada e' stracarina, con un grosso cortile centrale dove fanno bella mostra di se' alcune palme, un paio di polli, tre o quattro pappagalli e un numero variabile di cani e cagnolini. Il tempo di ambientarmi e mi ritrovo a parlare con Norbert di immersioni. Il suo compare e' un istruttore e ci vuole decisamente poco a convincermi a frequentare il corso. Tre giorni, sei immersioni cinque lezioni teoriche e rilascio della patente Naui. Domani si comincia. Non vedo l'ora. Uscito che fui dalla mia nuova casa, mi dirigo verso la spiaggia piu' vicina. Percorro circa due km su una strada che a stento si fa largo tra le mangrovie, in un silenzio assoluto, rotto di tanto in tanto dalle mille lucertoline, lucertole e lucertolone che scappano appena avvertono la mia presenza. A destra mangrovie, a sinistra tanbien. Ma non appena la vegetazione da una tregua, si apre uno scenario di isolette e lagune in cui placidamente si riposano dei bellissimi uccelli rosso fuoco che creano un contrasto emozionante con lo sfondo grigiastro del cielo. Infine la playa. Palme, palme, palme, palme. Alte, basse, grasse e magre. Sabbia bianca ma non bianchissima, bagnasciuga interrotto di tanto in tanto da un pezzo di corallo che ha deciso di staccarsi dalla barriera una cinquantina di metri piu' in la' e venire a finire i suoi giorni davanti a me. L'acqua e' azzurra, blu, violetta, verdina e tutti quanti questi insieme. Inutile dire che con l'acqua alla gola riesci a vedere se hai le unghie dei piedi lunghe o corte. E' ed caliente caliente. L'esistenza dell'uomo e' limitata a dei piccoli ed ecosostenibili cestini. Insomma bienvenidos en paraiso. Tornato all'ostello per magiare qualcosa, incontro Andrea, che nonstante il nome e' donna, ed e' svizzera, anni 29. Anche lei qui fino a domenica. Torniamo alla spiaggia, bagno pisolo, bagno pisolo ed e' gia' il tramonto. Domani posto le foto che oggi dimenticai l'hd a casa.
Hasta minchia

lunes, mayo 01, 2006

Merida - Die de los Trabajadores - Ore 17.06Un esperienza davvero incredibile. Canyoning si chiama. Di buon ora Andrew, Williams (USA) ed io ci rpesentiamo davanti all'agenzia dove gia' ci attendono le due guide (Moly e Juan, la prima davvero simpatica e carina, il secondo piu'
silenzioso ma divertentissimo) e la jeep che in poco piu' di mezz'ora ci porta nel mezzo di un magnifico scenario composto da verdissime ed inestricabili vallate, isolate casette di lamiera, piante di caffe ed in lontananza il rumore di un
fiume, la nostra meta. Un oretta di camminata a tratti non proprio agevole, ci porta sempre piu' vicini al nostro obiettivo che pero' e' completamente nascosto da quella che mi sento di definire una giungla. Immergersi in tale paradiso e' piuttosto emozionante, il sole riesce a tratti a bucare l'insieme di alberi, alberelli, palme, felci, fiori e farfalle e regala all'ambiente una luce diffusa che insieme al silenzio rotto solo dal rumore del rio portano davvero un sentimento di pace. Vestiti di tutto punto iniziamo la discesa, ed e' tutto un alternarsi di cascatelle, laghetti, piccole rapide, scivoli
naturali,sentierini e tratti su roccia fino all'arrivo alla prima vera cascata, 6 metri, e un getto non indifferente. Corde, moschettoni e imbragature e giu giu giu con ettolitri che ti battono sulla testa isolandoti completamente dal resto del mondo. E poi ancora cascatelle, laghetti, piccole rapide, scivoli naturali, sentierini e rocce, il tutto immerso in questo delirio assoluto dove mamma natura spadroneggia senza rivali. Arriva il momento dei salti, bisogna semplicemente lasciarsi cadere nel vuoto per 4-5 metri atterrando in delle piscine naturali ovviamente circondate da rocce e se pensavo che il primo salto incutesse un po' di timore, dovevo aspettare il secondo per cacarmi davvero sotto. Juan ci dice: ora fate attenzione, perche' dovete saltare 3 metri e mezzo ma tenete le braccia lungo il corpo perche' il buco e' molto stretto.
Scende prima lui e poi ci indica con la mano il punto in cui dobbiamo buttarci. Io credo di poter mirare la sua mano nonostante sia senza occhiali (immaginatevi...) ma mi caco abbastanza e un video testimonia le mie esitazioni sull'orlo di quello che mi pareva un precipizio. Nessuno ha sbagliato, per fortuna. Altri salti altri laghetti e seconda cascatona: 18 metri, un rumore assordante, l'acqua che ti travolge e di nuovo la sensazione di essere in un luogo altro dal mondo. Terza cascatona, 35 metri, e assicuro che 35 metri sotto di te sono tanti. Cosi come i 60-70 metri di selva sopra di te. Magnifico. Questa volta sono troppo impegnato a rimanere vivo per gustarmi l'isolamento ma la soddisfazione una volta sceso e' molta.
Ancora qualche saltino ed eccoci alla fine del canyon, c'e' la jeep, ci sono le mie siga, si va a mangiare un ottimo pollo fritto con papas e si regresa a la casa. Davvero soddisfatto. Davvero meravigliato. Davvero preso bene.
Hasta pronto